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L’Economist suona l’allarme per i colossi elettrici

Una strada ma tanti modi per percorrerla. Il futuro energetico come meta. Gli effetti: un disastro oppure una grande vittoria per l’economia a basso a tenore di carbonio. La stessa che, spinta da obiettivi di riduzione dell’inquinamento e rispetto dell’ambiente, ha stravolto il sistema dell’energia, in Europa e nel mondo.

La crescita ulteriore di solare ed eolico da un lato è infatti il sogno degli ambientalisti e dall’altro offre il senso di quale sia il livello di perdite di fette di mercato delle grandi compagnie. Un’analisi su ‘The Economist’ parla chiaro: i fornitori di energia elettrica devono affrontare una vera e propria “minaccia esistenziale”.

Come riuscire a perdere ‘mezzo trilione di euro’

L’analisi ha un titolo che da solo basterebbe, e che dovrebbe indurre una riflessione nelle utilities dell’energia su come riuscire a perdere ‘mezzo trilione di euro’. Il ragionamento è semplice e parte, guarda caso, da una bella giornata con sole e vento: quando cioè sia l’energia fotovoltaica che quella eolica possono dare sfogo a tutte le loro potenzialità. Così i prezzi scendono.

Per “The Economist’ l’energia solare ed eolica sarebbe gratuita, quella delle altre fonti ha un costo. Questo è vero soprattutto quando bisogna evitare il sovraccarico delle reti: le centrali elettriche che utilizzano combustibili nucleari o lignite non possono, per esempio, cessare di blocco la produzione. E in una situazione di questo tipo i colpi più duri li incassano soprattutto le centrali elettriche a gas e carbone. Il declino delle prime 20 società energetiche dal 2008 in poi – spiega “The Economist” – è evidente: avevano un valore di circa 1.000.000.000.000 di euro (1.300 miliardi dollari); ora questo ‘peso’ sarebbe sceso a meno della metà. E dalle direzioni tecniche e commerciali di sempre più aziende esperti, e meno esperti, starebbero bollando “il business della produzione di energia convenzionale come in lotta per la sua sopravvivenza economica”.

Senza contare che, oltre al ruolo della crisi economico-finanziaria, a tutto questo si associa un calo dei consumi a fronte di un aumento della capacità produttiva. La conferma arriva dall’Agenzia internazionale per l’energia secondo cui “la domanda totale di energia in Europa diminuirà del 2% tra il 2010 e il 2015”.

L’influenza di Fukushima e l’impatto dello shale gas

Altri due aspetti vengono poi valutati dal giornale britannico: il primo, l’influenza in Europa del disastro nucleare di Fukushima in Giappone, con la Germania in prima linea pronta a chiudere le centrali; il secondo aspetto (e come ti sbagli) l’impatto dello ‘shale-gas’ che in America ha aperto dei varchi impensabili nella produzione di energia, facendo convergere sull’Europa un’enorme quantità di carbone, prima bruciato oltreoceano, abbassandone così i prezzi. Fino a un certo punto però a causa dei permessi per le emissioni di CO2 (che comunque hanno un costo sul mercato).

L’esplosione del solare

Il quadro disegnato mette poi in evidenza che solare ed eolico sono esplosi ed hanno raggiunto una capacità che in Germania, come in Spagna e in Italia, riesce – insieme alle altre fonti rinnovabili – a coprire i picchi di domanda. Anzi andando anche al di là. Il che ha comportato un eccesso di offerta, insieme con una riduzione della domanda, e un conseguente calo dei prezzi. Ecco servita, allora, la ‘trasformazione’ del modello del sistema energetico tanto caro alle grandi compagnie.

La sfida alle utilities dell’energia 

Non serve essere uno stratega energetico per capire che un’accelerazione a tutto questo processo è stata impressa dalle rinnovabili. Che hanno sparigliato le carte ed aggredito una fetta di mercato che forse neanche gli ambientalisti della prima ora potevano immaginare. La sfida alle utilities dell’energia sembra destinata a continuare se si pensa ai grandi investimenti cinesi nelle energie pulite, che per prima cosa hanno portato ad una notevole riduzione del costo dei pannelli solari dal 2006 in poi.

Gli spazi di movimento per i big dell’energia diventano stretti. Alcuni guardano alla riconversione per esempio delle centrali a carbone in centrali a biomasse in grado di funzionare con i pellet (legno trattato). Altri pensano all’eolico off-shore. Qualcuno al solare fotovoltaico. Il problema vero però è la velocità, meglio dire la lentezza, con la quale si muovono. E nel futuro le reti intelligenti potrebbero avere un peso sempre maggiore. Più di quanto si possa pensare. In questo, probabilmente, il ruolo delle grandi società si farà ancora sentire sia per le loro capacità di investimento che per il ruolo di storage di energia sicura, in tutte le ore del giorno.


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