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Femminicidio, il primo passo del Parlamento. E ora…

Questo commento è stato pubblicato sui quotidiani l’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia oggi.

E’ un testo con molti limiti, il primo dei quali è la fretta con cui è stato approvato definitivamente: appena tre giorni fra Camera e Senato per evitare, trattandosi di un decreto-legge già in vigore, che potesse decadere. E i malumori si rispecchiano nell’uscita dall’aula dei senatori di ben tre gruppi politici (Lega, Sel e Cinque Stelle), e nelle polemiche di chi è invece rimasto, dal Pd al Pdl, proprio per consentirne la conversione. Ma, in attesa della promulgazione del Quirinale, questa legge contro il femminicidio rappresenta comunque un primo passo e un primo segnale del Parlamento. Non esagera il presidente del Consiglio Enrico Letta nell’esclamare: ”E’ un giorno davvero importante!”.

A fronte del fenomeno criminale e della media incredibile di una donna uccisa da un uomo quasi ogni tre giorni in Italia, la politica risponde con misure che rendono meno sola e più tutelata la vittima di questo delitto che affonda nella notte dei tempi. Eppure attualissimo. Un delitto frutto di una patologia legata non soltanto alla perdita del ruolo “padronale” esercitato per secoli dal maschio, ma anche ad una cultura sociale che ancora oggi fatica a riconoscere l’effettiva parità di genere. E che in troppi casi sfocia addirittura nella violenza e nella follia degli omicidi. Ma tali omicidi sempre preceduti da molestie, persecuzioni, abusi. Per questo la nuova legge prende di mira i maltrattamenti qualunque sia l’ambito, familiare, di convivenza, occasionale, in cui essi vengano compiuti. Per questo rende irrevocabile la querela di parte, così la donna non potrà ripensarci se intimidita a farlo dal suo persecutore. Per questo il provvedimento punta a prevenire il rischio del male, e non soltanto a meglio identificarlo e punirlo.

Ma è chiaro che non può bastare una legge approvata in tre giorni per cambiare una mentalità arcaica in troppi diffusa, per educare ragazzi e ragazze al rispetto fin dall’età scolastica, per consentire alle donne di raggiungere i traguardi che meritano nella vita e nel mondo del lavoro, per comprendere che l’amore e l’affetto sono sentimenti eterni, ma che possono cambiare, modificarsi, interrompersi. Da una parte dunque lo Stato ha il dovere morale e giuridico di reprimere con severità il fenomeno degli uomini che usano violenza contro le donne. Dall’altra è chiamato al compito non meno importante di costruire una società che non sia indifferente alla sicurezza, alla libertà e alla dignità delle donne. Ecco perché il primo passo appena compiuto da quasi mille parlamentari ha bisogno adesso del cammino di sessanta milioni di italiani. E’ una battaglia che sarà lunga e insidiata da pregiudizi, ma alla quale nessuno dovrebbe sottrarsi.

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