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Il Financial Times incorona (oggi) il pacato Letta

Onori a Enrico Letta, “vittorioso” premier contro “l’umiliato e ormai alla fine Silvio Berlusconi”, colpevole di diktat sul governo e della “semi paralisi italiana” con la sua “influenza maligna”. Questo, in sostanza, il riassunto e l’endorsement del Financial Times nel day after, a 24 ore di distanza dal voto di fiducia incassato dal premier e dalla “ritirata” del Cav.

Ma l’inversione di rotta, lo U-turn, è anche quello del quotidiano della City. Oggi, a battaglia fatta, loda “il pacato Letta” e pensa al voto solo come extrema ratio, ipotesi caldeggiata solo martedì in un editoriale dell’ex direttore dell’Economist Bill Emmott.

“Silvio Berlusconi ha perso la sua scommessa politica, e questo non può che essere un bene per l’Italia”, si legge. “La scorsa settimana il tycoon del settore media e quattro volte premier ha stupito il mondo annunciando di voler staccare la spina alla coalizione di governo di Enrico Letta. Ma per una volta Berlusconi ha fatto male i calcoli. Durante il voto di fiducia al Senato ieri, un gruppo di dissidenti dello stesso partito di centro destra di Berlusconi, dal nome pacchiano di Partito della Libertà, ha scelto invece di appoggiare il premier. E Berlusconi è stato costretto ad una rara e umiliante ritirata, facendo cadere la sua chiamata per un voto anticipato”.

Il tradimento delle truppe a Berlusconi

Questa “inversione di marcia”, prosegue il quotidiano della City, “segna senza dubbio il fondo di una carriera politica controversa e ampollosa. Dagli anni Novanta, il Cavaliere è stato il leader indiscusso del centro destra italiano. E, pur con un governo senza risultati e con una grande varietà di scandali giudiziari e sessuali, ha ordinato lealtà alle sue truppe. I dissidenti sono stati prima tritati dalla sua macchina dei media e poi fatti cadere nell’oblio. Ma per la prima volta in venti anni, il miliardario ha scoperto i limiti del carisma e della ricchezza”.

La fine del Cav

Naturalmente, commenta il Ft, “Berlusconi potrebbe illudersi che la ritirata jeux casino gratuit en ligne dell’ultimo minuto ribadisca il suo potere di veto sul governo. Ma la sua influenza è sparita e il suo partito cade a pezzi. E potrebbe addirittura crearsi un nuovo gruppo parlamentare fedele al governo Letta, a cui potrebbe unirsi Angelino Alfano, l’ex erede di Berlusconi che ha guidato la rivolta. Se la rottura si facesse più profonda, il Pdl non avrebbe più nessuna possibilità di far cadere il governo. E questa, per Berlusconi, potrebbe essere l’ultima chiamata alle armi, considerando la riunione della Giunta del Senato che dovrà decidere della sua incandidabilità, dopo la condanna estiva per frode fiscale“.

Le priorità di Letta

Non solo. Secondo il quotidiano londinese “l’umiliazione di Berlusconi è il sospiro di sollievo di cui l’Italia aveva bisogno. Dalla formazione del governo Letta si è dimostrato un partner inaffidabile. I suoi diktat hanno impedito al premier di governare effettivamente, e l’instabilità politica ha spinto all’insu anche lo spread, che comincia a raffreddarsi ora che lo spettro della crisi si allontana. Il pacato Letta è il vero vincitore della battaglia politica romana. Il suo discorso in Parlamento è stato confezionato ad arte per convincere i moderati del centro destra a saltare dalla nave del Pdl pronta ad affondare. E le sue doti di mediatore hanno chiaramente sostenuto lui e il Paese. Letta dovrà adesso approfittare per rilanciare il suo governo, e la priorità resta il recupero della competitività. Naturalmente, se Letta scoprisse che i partiti che lo sostengono non hanno interesse ad approvare le riforme significative, in quel caso dovrebbe dimettersi e lasciare la parola all’elettorato. La semi paralisi del sistema politico, per gran parte dovuta all’influenza maligna di Berlusconi, deve finire”.

L’Italia subito al voto

Spazio a Letta, quindi, finalmente. Una tesi che veniva rifiutata solo due giorni fa sullo stesso Ft. “Ritardare le elezioni prolungherà le disgrazie dell’italia”, era il titolo di un editoriale firmato da Bill Emmott, ex direttore dell’Economist. Ma, per fortuna, ai trader di Borsa resta poco tempo per la lettura di commenti ed editoriali.

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