Oggi non è facile ma, negli anni Settanta, come ci descrivono i “sopravvissuti”, a provare a testimoniare e difendere la verità naturale e cristiana si rischiava sicuramente l’incolumità fisica e, in non pochi casi, persino la vita. Stiamo parlando della “nostra” Italia e non del Vietnam o della Cambogia dei Khmer…
Nella “capitale morale” Milano o in quella “politica” Roma, ad esempio, per aver firmato, come fecero nel 1970 Gabrio Lombardi, Augusto Del Noce, Sergio Cotta, Enrico Medi e Giorgio La Pira – insieme ad altre 20 personalità cattoliche – l’“Appello agli italiani” in cui si lanciava il referendum sul divorzio, ci si sottoponeva a dure contestazioni, come accadde per esempio alla Cattolica dove, nello stesso anno, diversi degli studiosi che abbiamo citato sopra, avrebbero dovuto parlare, sennonché spaventato dagli agitatori rossi il rettore Giuseppe Lazzati cancellò la conferenza.
Gabrio Lombardi, del quale il 14 settembre scorso è caduto nel dimenticatoio generale il centenario della nascita, per la sua iniziativa contro il divorzio, del cui referendum fu uno dei massimi promotori fino al 1974, dovette scontrarsi con non pochi fratelli di fede. Eppure questo “sfortunato” (secondo le categorie del mondo) giurista cattolico, dopo una vita trascorsa in maniera integra e severa, dedicata ad approfondire i suoi studi con grandi sacrifici, ci ha lasciato in eredità un ricco patrimonio culturale e spirituale. I libri che ha pubblicato sono davvero numerosi ma quasi mai reperibili oggi in commercio, seppure spaziano da temi di carattere prettamente storico ad altri più di argomento sociale e civile.
Lombardi nacque a Napoli il 14 settembre 1913, con un nome abbreviato perché pare che il parroco che lo ha battezzato volesse evitare finanche il ricordo del poeta “maledetto” Gabriele D’Annunzio, allora parecchio in auge nell’Italia borghese primo novecentesca.
Gabrio fu l’ultimo di sette figli, da un famiglia paterna originaria di Dronero, in provincia di Cuneo, della quale per tutta la vita conservò grande affetto, recandovisi per lunghi periodo ogni anno. Da giovane studente, tuttavia, Lombardi trascorse gran parte del suo tempo a Roma, dove frequentò l’istituto Massimo dei Gesuiti e, nell’ambito del quale, nel 1927, fondò il movimento giovanile Lega missionaria studenti, animato dal fiammingo P. Haeck. Si laureò in Giurisprudenza nel 1935 nell’Università di Roma e, l’anno seguente, frequentò un corso di perfezionamento nell’Università di Praga “Carlo”.
Lombardi percorse in seguito una lunga carriera di docente universitario di Storia del diritto romano nelle Università Statali di Roma, Pavia e Milano e d’Istituzioni di diritto romano nella Pontificia Università Lateranense, contribuendo, come riconoscono ancora gli esperti, «a divulgare fatti scarsamente conosciuti o inediti ed a far piena luce nel complesso campo della storia romana — dove molte volte le documentazioni ed i reperti storici sono scarsi o addirittura inesistenti — e negli ultimi secoli di storia italiana e mondiale» (Antonio Parrino, La lezione di Capograssi nella vita e nell’opera di Gabrio Lombardi, Aracne editrice, Roma 2005, p. 12).
Da ricordare poi come, in anni difficili, cioè dal 1964 al 1970, ha ricoperto la carica di Presidente del Movimento Laureati di Azione Cattolica.
Dei vari aspetti che potrebbero ricavarsi dalla lezione di Lombardi, uno particolarmente utile oggi potrebbe essere quello della sua ricostruzione di una libertà sempre più a rischio nell’Occidente relativistico di questi anni. Mi riferisco alla libertà religiosa, alla quale Lombardi nel 1957 dedica il saggio La croce nella città, nel quale dedica un’attenzione direi “profetica” alla ricostruzione del clima culturale e sociale ostile in cui vissero i cristiani nel tormentato periodo della storia antica. Partendo dalla situazione cui dovettero far fronte nella Roma arcaica e repubblicana, dove i cristiani non potevano condividere la sovrapposizione tra la sfera religiosa e quella giuridica, nonché il modo d’intendere la libertà non rapportata al singolo ma alla sua posizione nella comunità, Lombardi ripresenta come attuali le precise motivazioni per cui i figli della Chiesa, nel corso dei secoli, furono destinatari di numerose antipatie e persecuzioni.
Cominciando dalla schiavitù che, pur non negando, i cristiani sostennero necessario rendere compatibile con la verità per cui gli uomini sono tutti uguali davanti a Dio. In conseguenza di questo riconoscimento in dignità, in cui credevano fermamente, i primi cristiani furono costretti a subire tante persecuzioni ed atrocità. È stato possibile così intendere lo spessore dell’Editto di Milano, l’emanazione del quale — secondo Lombardi — segna, in un certo senso, l’inizio della storia moderna. Infatti, nel concedere a tutti senza distinzioni (cristiani e non) la libertà di culto, si è affermato il primo dei diritti dell’uomo; inoltre, si è pervenuti alla chiarificazione del binomio storico libertà religiosa e laicità dello Stato. Binomio, come noto, oggi interpretato unilateralmente per affermare il laicismo di Stato alla francese ma, seguendo appunto l’itinerario di pensiero di Lombardi, a questo esito forse non mancano responsabilità anche nell’ambito del mondo cattolico.
E allora vale concludere questo articolo con le parole che uno dei pochi giornalisti cattolici che nella sua ricorrenza se ne è ricordato ha scritto di Gabrio: «Contribuendo alla chiarificazione di un nodo dottrinale che dal Concilio ecumenico Vaticano II è divenuto terreno di scontri, fraintendimenti e strumentalizzazioni come pochi altri, Lombardi ha sviluppato il concetto della libertà dalle ingerenze dello Stato, che spetta ai cristiani in una civiltà (del passato) sostanzialmente cristiana almeno nei principi, per riflettere sul tempo attuale dove, essendo le istituzioni sempre più lontane e quindi insensibili alla questione della Verità, la difesa della libertà (che, per volontà di Dio precede la fede) va fondata sulla dignità della persona, i cui diritti precedono ontologicamente qualsiasi ordinamento statuale» (Marco Respinti, Gabrio Lombardi, in il Timone, anno XV, n. 126, settembre/ottobre 2013, p. 53). Per questo Lombardi meriterebbe oggi di essere un po’ più ricordato, e magari non solo come semplice giurista (profeta?).