Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento del direttore Pierluigi Magnaschi apparso oggi sul quotidiano Italia Oggi.
Invitato dalla meritoria Unioncamere, presieduta con piglio volitivo da Ferruccio Dardanello, è intervenuto sulla «sfida digitale» il presidente esecutivo (ed ex ceo) di Google, Erich Schmidt, che ha annunciato che la sua società è «pronta a investire in Italia». Ma per poterlo fare, il nostro paese «deve dotarsi della banda larga veloce ovunque, senza la quale non si può fare nulla».
Ora, in Italia, la banda larga c’è ma solo in alcune, anche se significative, aree urbane. E ciò anche se, ancora una volta, gli italiani furono lungimiranti, visto che da noi, fin dal 1999, per iniziativa della joint venture fra una società privata eBiscom e la municipalizzata milanese Aem, si iniziò a cablare in fibra ottica il capoluogo lombardo. Il presidente di Google, per poter investire in Italia, pone come precondizioni che la banda larga veloce sia presente «ovunque».
E questo obiettivo è purtroppo tutt’altro che vicino. La politica industriale è un argomento tutto fare con il quale politici e sindacalisti a secco di idee si sciacquano continuamente la bocca. E gli industriali che tengono loro bordone, la concepiscono come il modo per ottenere finanziamenti pubblici (meglio se a fondo perduto) da investire in un progetto o in un altro. Il compito dello stato invece non è quello di puntare sullo sviluppo dell’auto elettrica, degli spazzaneve o delle pentole a pressione (perché la scelta dell’attività economica e del rischio conseguente è esclusivo compito delle aziende).
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