Skip to main content

Greenpeace, chi è l’italiano arrestato in Russia

Non sono bastate le parole di Vladimir Putin, quando ha detto che “è evidente che non si tratta di un pirata”, per fermare la decisione del Tribunale regionale di Murmansk: l’arresto in Russia di Cristian D’Alessandro e altre 29 persone è confermato. Quest’ultimi hanno partecipato lo scorso 18 settembre alla manifestazione di Greenpeace sulla nave Artic Sunrise contro le trivellazioni di Gazprom nell’Artico e per la giustizia russa questo è un reato.

Come i marò in India?
Il tribunale regionale ha respinto ieri la richiesta di scarcerazione su cauzione per il ragazzo napoletano. In un’intervista pubblicata sull’Huffington Post, il padre di Cristian, Aristide D’Alessandro, aveva detto di non avere speranze sullo scarceramento su cauzione. Anche negli altri casi la richiesta è stata rifiutata. La decisione se dare o no un interprete tedesco invece che inglese a Marco Weber, durante il processo, è stata rinviata al 21 novembre.

Greenpeace ha informato che sono state raccolte quasi 1 milione e 400mila firme per chiedere alle autorità russe il rilascio degli attivisti. Per questa causa si sta muovendo tutta la comunità internazionale: dall’Olanda fino al Brasile. Al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sono arrivate 100mila firme di sostegno alla lettera della madre di Cristian “perché l’Italia intervenga”. La speranza è che il processo non prenda la stessa piega di quello ai due marò detenuti in India.

La falsa accusa
L’accusa per D’Alessandro è di violazione dell’articolo 227 del Codice penale russo, che prevede una pena di 15 anni di detenzione. In un articolo su Novaja Gazeta (il giornale dove lavorava la giornalista Anna Politkovskaja), è stato pubblicato si prova a smontare l’accusa e a spiegare gli interessi dietro la misura. Artemij Troitskj, giornalista musicale ma anche membro del direttivo di Greenpeace Russia, spiega cosa secondo lui è accaduto. In primo luogo, sostiene che l’organizzazione non ha violato la legge internazionale che impone di rimanere a 500 metri di distanza dalle piattaforme petrolifere. “La Russia ha stabilito unilateralmente un limite di tre miglia per le sue installazioni, ma la Arctic Sunrise non ha violato nemmeno questa norma”, scrive Troitskj.

Gli interessi di Putin
Sulla nave, insiste il giornalista, non c’era nessuna arma né poteva esserci. “Le perquisizioni in corso non serviranno a trovare nulla, se non qualcosa portata dai poliziotti stessi”, avverte Troitskj.

In più, la piattaforma di Gazprom non si trova nelle acque territoriali della Russia, ma nella “zona economica esclusiva”. Questo significa che solo Mosca può trivellarvi e svolgervi attività economica.

“Ma l’azione di Greenpeace era forse un’attività economica? In questo campo la propaganda dello Stato non si risparmia: quelli di Greenpeace non sono degli ecologisti idealisti, ma degli agenti della concorrenza occidentale che cercano di cacciare le nostre aziende dall’Artico”, riferisce Troitskj.

La zanzara e il dinosauro
Il giornalista sostiene che gli attivisti si siano avvicinati alla piattaforma di Gazprom su dei gommoni. “È come una puntura di zanzara per un dinosauro. I discorsi sul fatto che “avrebbero potuto arrecare danni” alla struttura sono ridicoli. Se invece si parlasse di danni morali e d’immagine, allora è vero che anche la puntura di una zanzara può essere fatale. Ma in questo caso i nostri dinosauri se la devono prendere solo con sé stessi”.



×

Iscriviti alla newsletter