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I segreti (finanziari) della scazzottata fra De Benedetti e Tronchetti Provera

Era proprio quello che ci mancava: una bella scazzottata a stretto giro di insulti fra due vip (vip?) del capitalismo (capitalismo?) italiano. Carlo De Benedetti (nella foto) e Marco Tronchetti Provera hanno avviato una baruffa, naturalmente via media, rinfacciandosi le rispettive inettitudini imprenditoriali, i lati poco limpidi delle loro carriere, le cose che ciascuno ha sempre pensato dell’altro ma finora aveva detto solo in privato, a ristrette cerchie di amici o, se preferite, compari.

L’ultimo flash di questo battibecco fra Carlo e Marco (chiamiamoli familiarmente così, perché si tratta di ragazzate) è di stamane. Marco ha detto: “Evidentemente con De Benedetti non riusciamo a capirci ed è normale che sia così perché parliamo due lingue diverse: infatti lui è svizzero”. E questa è una frecciata al veleno perché davvero l’Ingegnere batte bandiera elvetica e non si è ancora capito bene se è per ragioni sentimentali, come dice lui, o per ragioni fiscali, come pensano molti altri fra i quali, evidentemente, anche Tronchetti. A simili parole Marco ha risposto: “Lui è avido e incapace”. Tiè.

Come si diceva, questo è l’ultimo episodio di una monellata iniziata un paio di giorni fa quando, ai microfoni di Giovanni Minoli su Radio24, De Benedetti ha detto peste e corna della gestione Telecom by Tronchetti, accusandolo di aver continuato l’opera di devastazione della società telefonica avviata da Roberto Colaninno e poi ultimata dal successore di Tronchetti stesso, cioè il da poco silurato Franco Bernabé. La replica di Marco è stata di dettagliata durezza: ha ricordato i molti bilanci discutibili dell’Olivetti quando apparteneva all’Ingegnere, i computer-bidoni venduti alle Poste per far piacere al suddetto, la sua cacciata dalla Fiat nel 1975, i guai avuti con il vecchio Ambrosiano di Roberto Calvi e, per finire, un problemino che gli è capitato durante Tangentopoli.

Ora sarebbe interessante capire perché due signori maturi e, salvo controprova, con capacità intellettive integre, si abbassino a simili chiassate. Sarà perché l’anagrafe non fa sconti a nessuno, nemmeno a chi siede nel salotto buono? Sarà perché la stagione non consente di andare in barca e, in mancanza, anche menare le mani può rappresentare un passatempo? È possibile. Ma Marco e Carlo sono personaggi molto attenti al soldo, ai propri interessi. Quindi qui, per avere un qualche indizio, non bisogna chercher la femme, ma l’argent.

Allora è bene ricordare che recentemente Tronchetti ha risistemato la governance delle società cui fa capo la Pirelli, estromettendo la famiglia genovese Malacalza che solo un paio di anni prima aveva chiamato al suo fianco con grande battage mediatico. I Malacalza avrebbero cercato e trovato una sponda amica proprio in De Benedetti convinto, come chiunque sul mercato, che fra poco la Pirelli sarà messa in vendita aprendo delle possibilità per chi, come lui, ha fiuto e denti.

Guardata con questa lente, la bagarre Marco-Carlo prende i connotati di una delle solite contese viste decine di volte dalle nostre parti. Ignazio Visco, governatore della banca d’Italia, pochi giorni fa ha usato parole scoraggiate descrivendo la crisi del capitalismo e degli imprenditori italiani: non sanno più lanciare sfide, non investono, non fanno ricerca, lasciano le loro aziende alla deriva. Si dedicano a un’unica attività: le guerre di potere. E se il Paese va in decadenza non è per esclusiva colpa dei politici.

L’analisi del governatore ha preceduto solo di poche ore lo spettacolo poco decoroso dato da Marco e Carlo.

Gianni Gambarotta


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