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Il cambiamento dove lo “piazziamo”?

Pochi ricordano questo pezzo tratto dal recital “Me, fuori di me” trasmesso dalla Tv svizzera nel 1973,  “La presa del potere”. Un bellissimo testo di Giorgio Gaber, va assolutamente ascoltato perché ha una musica coinvolgente, ma leggiamolo insieme, facendo passare le immagini, nella nostra mente, attuali. Per esempio quanto accadeva ieri a Roma,  “Avete riempito pagine e pagine parlando solo di scontri e di violenza, ignorando completamente la nostra lotta per la casa, il reddito minimo, la solidarietà ai 51 licenziati della cooperativa Sgb che lavoravano per la Granarolo. C’erano anche loro a sfilare, ma chi l’ha scritto di voi? Nessuno”, dicono alcuni dei manifestanti, e mettono il dito in uno dei mali italici, l’informazione. Mi chiedo, “La manifestazione che ha tenuto sotto assedio Roma per un giorno”, la stampa dove la “piazza”? tra coloro che dal basso, o dall’alto, cercano di cambiare, o tra coloro da cambiare? tra i tecnocrati del “no” al cambiamento!? Mi tornano in mente le pagine di Sociologia, quando studiavo “Sapere per cambiare, o cambiare per sapere”? Erano gli anni in cui scrivevo: “La politica rifaccia i conti con noi. C’è rabbia dentro, perché per assicurarci l’attenzione dei media dobbiamo simulare uno show del sabato sera, optare per una “comunicazione da stadio”: fischi, slogan coloriti, due squadre contrapposte”, era il periodo dell’onda del 2008. Vi ricordate?

Da lì, scoppiava pochi mesi dopo la grande crisi, il boom di disoccupazione giovanile, fino ad arrivare al governo del prof Mario Monti, e alle pagine di oggi.

Forse bisognava ascoltarci allora; per non parlare di quando a narrare era il grande Gaber:

Un mastino. Un mastino nero, lucido, metallico. Un cane mastino con un occhio solo, vitreo, in mezzo alla fronte. Una mano che schiaccia un bottone. Dall’occhio del mastino parte un fascio di luce intensa, verdastra, elettrica…
Psss… psss… psss…
Avvolti in lucidi mantelli
guanti di pelle, sciarpa nera
hanno le facce mascherate
le scarpe a punta lucidate
sono nascosti nella sera.
Non fanno niente, stanno fermi
sono alle porte di Milano
con dei grossissimi mastini
che stan seduti ai loro piedi
e loro tengono per mano.
Han circondato la città
la stan guardando da lontano
sono imponenti e silenziosi.
Chi sono? Chi sono?
I laureati e gli studiosi.
E l’Italia giocava alle carte
e parlava di calcio nei bar
e l’Italia rideva e cantava.
Psss… psss…
Ora si muovono sicuri
coi loro volti mascherati
gli sguardi fissi, minacciosi
vengono avanti silenziosi
i passi lenti, cadenzati.
Portano strane borse nere
piene di oggetti misteriosi
e senza l’ombra di paura
stanno occupando i punti chiave
tengono in pugno la Questura.
Dagli occhi chiari dei mastini
parte una luce molto intensa
che lascia tutti ipnotizzati.
Chi sono? Chi sono?
L’intellighenzia e gli scienziati.
E l’Italia giocava alle carte
e parlava di calcio nei bar
e l’Italia rideva e cantava.
Psss… psss…
Ora lavorano più in fretta
hanno moltissimi alleati
hanno occupato anche la RAI
le grandi industrie, gli operai
anche le scuole e i sindacati.
Ora si tolgono i mantelli
son già sicuri di aver vinto
anche le maschere van giù
ormai non ne han bisogno più
son già seduti in Parlamento.
Ora si possono vedere
sono una razza superiore
sono bellissimi e hitleriani.
Chi sono? Chi sono?
Sono i tecnocrati italiani.
[parlato]: Eins zwei, eins zwei, alles kaputt!
E l’Italia giocava alle carte
e parlava di calcio nei bar…

Diceva Quètelet: per rendere gli uomini migliori “Bisogna modificare le abitudini e le istituzioni!”.


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