Corriere ancora lettiano, Repubblica ancor più renziana? E’ quello che si chiedono gli osservatori politici leggendo in controluce prime pagine e commenti dei due maggiori quotidiani. La sensazione infatti che il Corriere della Sera sia ancora tiepido, o comunque non estasiato da Matteo Renzi, mentre il quotidiano la Repubblica non stia facendo calare il tasso di renzismo. Le edizioni di oggi confermano questa impressione. Ecco perché.
IL CORRIERE DELLA PERPLESSITA’
Il titolo del commento in prima pagina del Corriere sulle conclusioni della Leopolda di ieri con le parole di Matteo Renzi racchiude il giudizio del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli: “Quello che manca alla vera svolta”. La sintesi del commento dell’editorialista del Corriere, Antonio Polito, è la seguente: “Nella linea di Renzi sembra persistere una forma di scaltrezza: l’attualità politica impone delle risposte, ma il problema dei problemi è sempre un altro: “Cambiare l’Italia”. “Non è facile dire alla sinistra che il sistema giudiziario italiano – continua Polito – merita una radicale riforma. Però Renzi l’ha detto, e ha ragione”. E se sulla giustizia Renzi si è espresso coraggiosamente, pur mancando di concretezza, sulle politiche economiche “resta una nebbia alquanto fitta”. L’editorialista del Corsera sottolinea che per quanto siano chiare le linee innovative del rottamatore, non sono chiare le soluzioni e tanto meno le direzioni di marcia. “Si ha l’impressione – sostiene Polito – che dal vuoto finiscano inevitabilmente per affiorare idee bislacche e pericolose come quella esposta dal finanziere Davide Serra alla Leopolda, secondo cui i pensionati con il retributivo sono “persone che rubano””.
LA REPUBBLICA DI RENZI
Certo c’è un’intervista stringata a Stefano Fassina, il viceministro dell’Economia che sostiene Cuperlo e critica l’evanescenza propagandistica delle proposte economiche di Renzi, ma si vede che il cuore del quotidiano diretto da Ezio Mauro batte per il sindaco di Firenze. E non solo perché c’è, tra l’altro, un informato Goffredo De Marchis che svela come e perché Renzi sia diventato più cauto rispetto alla richiesta di elezioni anticipate, ma perché in prima pagina c’è l’ex direttore della rivista Reset, Giancarlo Bosetti, che loda metodi e merito delle proposte renziane. L’editoriale di Bosetti inizia elogiando (a sorpresa rispetto alle tesi storiche del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari) l’idea stessa di partito del sindaco di Firenze così come si desume dal documento congressuale depositato e dalle parole usate ieri alla Leopolda: “Leadership non è una parolaccia”. Mentre, sottolinea Bosetti, dall’altra parte, ovvero dagli avversari di Renzi, si dice: “Non vogliamo diventare un comitato elettorale”. La conclusione di Bosetti, molto empatico con il renzismo, è la seguente: “Nelle mozioni congressuali del Pd che diffidano di una leadership troppo “macro” c’è molto comprensibile orgoglio e desiderio di recuperare la “nostra autonomia culturale” e c’è anche molta guardinga difesa dai “modelli stranieri”. Non è difficile vedere dietro tutto questo il rischio di affrontare un duello elettorale contro la destra con spade di latta (già visto), oppure il non detto di uno sfrenato desiderio di tornare alla scacchiera proporzionale della Prima Repubblica”.