Da un’accampada a un’altra accampada. Dalle tende montate venerdì in piazza San Giovanni fino alle tende di Porta Pia, davanti al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La manifestazione dei movimenti è sfilata per Roma dietro lo slogan “l’unica grande opera: casa e reddito per tutt*”, scandito dalla musica dei colorati percussionisti della Malamurga che accompagna tutti i cortei romani e contraddistinto dal volto di Guy Fawkes, la maschera del protagonista del film V per Vendetta, a sua volta ripresa dal fumetto di Alan Moore e David Loyod.
Le anime del corteo andavano dagli occupanti per il diritto alla casa, agli studenti universitari e medi, ai comitati locali, i No Tav contro la linea merci Torino-Lione e i No Muos contro i radar a Niscemi, fino i rifugiati eritrei che chiedevano diritti e ricordavano Lampedusa.
Nessuna bandiera di partito, escluse alcune di Rifondazione -a piazza San Giovanni si è intravisto Paolo Ferrero- e del Partito comunista dei lavoratori di Marco Ferrando, a suo tempo scissione a sinistra della prima. Migliaia di persone, forse addirittura di più di quanto ci attendesse, guardando alle parole d’ordine: assedio e sollevazione generazionale, che avrebbero potuto tenere lontano chi, pur condividendo i temi temeva il rischio che la protesta avesse potuto degenerare in violenze come successe il 15 ottobre di due anni, con le barricate e gli scontri di piazza San Giovanni. “Siamo tantissimi e tantissime”, ripetono dal camioncino che apre la manifestazione, ricordando i pullman di chi arriva da fuori Roma, fermati per controlli.
Quello che chiedevano è di investire in politiche abitative e agire contro la crisi. Non manca chi se la prende con la moneta unica, almeno stando ai volantini diffusi prima della partenza. Ci sono i curdi che chiedono un firma per la scarcerazione di Ocalan. Chi fa pubblicità a un social network specializzato in politica.
La giornata non ha rispettato il copione di devastazione e guerriglia urbana diffusa che era stata paventata. Le tensioni non sono mancate. Le prime alla fine di via Merulana, dove il corteo era arrivato molto lentamente, quando si sono fatti vivi militanti di CasaPound, il movimento che si autodefinisce portatore del “fascismo del terzo millennio”, costretti alla fuga in risposta a quella che è stato considerata una provocazione. Una situazione che ha creato scompiglio all’altezza di Santa Maria Maggiore.
Tutto si è poi ricomposto. I manifestanti hanno continuato a sfilare: via Cavour, la stazione Termini, piazza Esedra, fino a imboccare via XX settembre, davanti al ministero dell’Economia, uno dei palazzi del potere da assediare, simbolo delle politiche di austerità.
È proprio davanti al ministero che ci sono stati gli incidenti più gravi. Neanche il tempo di lodare il cordone di sicurezza che proteggeva lo spezzone dei migranti, dove c’erano donne e bambini, che da dietro l’angolo è spuntato un gruppo di manifestanti con i caschi in testa e a volto coperto.
“Prima non c’erano, si devono essere infilati dalle vie laterali”, commenta qualcuno. È partita una raffica di petardi, sassi e bottiglie contro il dicastero, protetto da alcune camionette della finanza.
Parte dei manifestanti è scappata per le vie di fuga lasciate libere. Si cercano quelle che si ritiene siano meno intasate. C’è chi ha visto gli agenti anche nelle vie interne ed è partita un’altra fuga.
Nuova corsa con in sottofondo il botto dei petardi, senza avere il tempo di vedere i cassonetti bruciati o le vetrine spaccate. Alla fine si raggiunge Porta Pia, attendendo l’arrivo del resto del corteo, che nel mentre ha proseguito verso Castro Pretorio, con la tensione non del tutto calata e la sede di Trenitalia “sanzionata”.
Prima che l’accampata abbia inizio, un manifestante tenta di arrampicarsi fino sopra la statua del bersagliere che punta verso la breccia, per issare una bandiera No Tav, senza però riuscirci. La musica continua in attesa dell’accampada, mentre la polizia presidia la piazza
[Foto credit: dinamopress.it]