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La nuova indipendenza delle Banche centrali: quella dalla realtà

E’, come al solito, una questione di credibilità. Sin dalla loro origine le banche centrali hanno dovuto essere un’entità credibile per contribuire alla stabilità del loro paese di residenza. E per essere credibili, dovevano innanzitutto essere indipendenti dalle pressioni politiche casalinghe.

Non è stato un percorso facile. L’epoca dell’affrancamento delle banche centrali dagli stati che le esprimevano è durata decenni e si può dire effettivamente conclusa solo nell’eurozona, dove finalmente una banca centrale, la Bce, funziona senza avere più uno stato di riferimento (o forse proprio per questo).

La stagflazione degli anni ’70 ha dato un indiscutibile colpo di grazia alle ultime tentazioni “stataliste” nei confronti delle banche centrali, che da quel momento in poi hanno fondato la propria evoluzione sulla mistica dell’indipendenza, l’unico rimedio per dare credibilità alla loro azione di politica monetaria.

Ma credibilità nei confronti di chi?

Dei mercati, ovviamente. Le banche centrali devono essere considerate interlocutori credibili da chi quotidianamente ha a che fare con le variabili dell’economia. La Forward guidance teorizzata di recente dalla Bce non avrebbe senso se l’emittente non fosse credibile. Deve essere credibile persino a dispetto delle pressioni politiche che magari vorrebbero indurla a fare cose diverse da ciò che sarebbe necessario.

Tipo finanziare i deficit pubblici, per dirne una a caso.

E’ chiaro che è tutta una finzione. Nessuna banca centrale vive sulla luna, anche se tutte vogliono farci credere il contrario. Ma quello che conta, in finanza come nella vita, è salvare le apparenze.

Proprio per questa ragione adesso le banche centrali devono vedersela con un’evoluzione inusitata del principio dell’indipendenza/credibilità.

Non basta più che siano indipendenti dagli stati deficitari che le ospitano. Adesso devono far fronte a pressioni assai più gravose di quelle “fiscali” della politica. Adesso devono dimostrarsi indipendenti dagli stessi mercati, ossia da coloro ai quali si rivolgono, che spingono perché le Banche centrali mantengano ancora politiche espansive. D’altronde il denaro abbondante e a basso costo per la finanza ha lo stesso effetto degli acquisti massici di titoli pubblici per gli stati.

Perciò non basta più che l e banche centrali siano indipendenti dalla politica. Bisogna che se ne infischino anche dei mercati.

In pratica che siano indipendenti dalla realtà.

Questi pensieri ovviamente non sono i miei, ma sono una libera interpretazione di un discorso tenuto qualche giorno fa da Jaime Caruana, direttore generale della Bis, intitolato proprio “Il cambiamento della natura dell’indipendenza delle banche centrali”.

Mi è sembrato utile raccontarvelo perché trovo sia del tutto coerente con l’evoluzione delle banche centrali l’idea che ormai siano mature per fare il gran salto dal miserevole mondo del fenomeno a quello del noumeno. L’indipendenza dalla realtà, infatti, è il pre-requisito per un credibilità finalmente trascendentale, che ben si addice ai deus ex machina che ambiscono sempre più a diventare le BC.

Seguiamo il ragionamento di Caruana. “La normalizzazione delle politiche monetarie – dice – sarà irta di complicazioni. E tuttavia una tempestiva normalizzazione sarà la chiave che permetterà alle banche centrali di mantenere o rafforzare la loro credibilità”.

“La natura delle sfide all’indipendenza delle banche centrali è cambiata negli anni recenti – spiega -. Tradizionalmente le banche centrali dovevano isolare la politica monetaria da pressioni politiche indebite. Ora però dobbiamo pensare in termini più ampi. Le banche centrali dovranno resistere a una serie di forze nuove se vorranno raggiungere l’obiettivo di una normalizzazione delle politiche monetarie”.

Le prime forze alle quali resistere sono due: i mercati finanziari e i vari settori privati, altamente indebitati. Ossia la “dominanza finanziaria” che ricorda la vecchia “dominanza fiscale” degli stati. Entrambe queste forze alimentano il pensiero che solo politiche monetarie accomodanti possano salvare il mondo da una catastrofe. E quello che Caruana chiama “dominanza delle aspettative”.

Ebbene: “Le banche centrali devono essere in grado di decidere come e quando arrivare all’inevitabile normalizzazione senza tenere conto di queste forze”.

Quindi non tenere conto della realtà, ma orientarla. Un lavoro da demiurghi.

Caruana si affretta a ricordare che le conseguenza di politiche monetario così accomodanti a lungo possono essere devastanti. I tassi a zero, da un parte, e i circa 9 trilioni di asset accumulati nelle pance delle BC da fine 2007 a oggi solo nei paese avanzati, possono provocare grosse perdite finanziarie e, soprattutto, di credibilità.

Anche perché, spiega, può avere un senso azzardare tanto per comprare tempo se però, nel frattempo, i soggetti interessati, pubblici e privati, mettono a posto i propri bilanci e fanno le riforme strutturali per favorire il rebalancing.

Ma così non è stato: da fine 2007 il debito totale dei peasi del G20, sia del settore pubblico che privato, sono aumentati di quasi 35 trilioni di dollari.

Perciò, comincia a sorgere il sospetto – o peggio l’aspettativa – che le banche centrali, alla lunga, non saranno in grado di far altro che fornire droga monetaria ai mercati in evidente stato di tossicità, pure a costo di venire meno alla loro missione principale, ossia la stabilità dei prezzi.

Il rischio più grave di politiche monetarie accomodanti prolungate, perciò, è proprio quello che le BC non vogliono certo correre: quello dello della loro irrilevanza.

Chiaro che i cervelloni degli istituti siano già al lavoro per capire quando cominciare la retromarcia. La prova generale della Fed ha mostrato con chiarezza i rischi che corre l’economia globale, ma quello semmai è stato un buon esempio per affinare strumenti e strategie.

Ma prima ancora di decidere cosa fare e come, le BC devono capire una cosa che Caruana sottolinea con forza: devono evitare di cedere alle pressioni esterne: “Questa forma di indipendenza sarà cruciale se le banche centrali vorranno perseguire con successo il loro mandato della stabilità finanziaria e dei prezzi”.

Indipendenti dalla realtà.

Pure a costo di farne macerie.


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