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Lampedusa, il cuore e la vergogna

Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo il commento di Federico Guiglia uscito sull’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi.

L’orrore e il dolore sono senza fine, e come potrebbero non esserlo di fronte a centinaia di innocenti morti in mare? Ma l’ultima tragedia a Lampedusa, la più grave di tutti i viaggi della disperazione nel Mediterraneo, non è come un terremoto imprevedibile. Grazie alla tecnologia ormai si può sapere tutto dei migranti che pur nessuno conosce. Da dove partono e quanti sono. Su quali barconi sono assiepati come animali, e chi li comanda. Perché scappano da guerre e carestie.

Perciò nessun’altra parola è più giusta di quella scolpita da Papa Francesco non per definire, ma per condannare la catastrofe umanitaria: “Una vergogna”. Una vergogna che quest’ultima isola d’Italia, ma prima nel mondo per solidarietà dimostrata, venga lasciata sola da un’Europa benestante e indifferente. “Una vergogna” che i governi dell’Unione europea non siano capaci (peggio ancora: non siano neanche interessati), a predisporre un piano per impedire il dramma di donne, bambini, giovani e anziani che sono -mai nome fu così vero e bello- dei poveri cristi. Persone inermi, che non hanno i mezzi neanche per scappare dalla vita di stenti nei loro Paesi. E che perciò s’affidano al trafficante e criminale di turno, alle barche senza mèta pur di incrociare un destino meno crudele.

È proprio una vergogna che un fenomeno da anni alla luce del sole, sia considerato “dagli altri” una questione italiana o, al massimo, papale. Come se Lampedusa non fosse l’avamposto del Vecchio eppur sognato Continente. Il sogno di un esercito di disperati senz’altra arma che quella delle sue lacrime. Senza altro conforto che il cuore grande degli italiani: gli unici a piangere quei morti in mare, a indire il lutto nazionale, a gridare, dal Quirinale in giù, la propria indignazione.
Svegliati, Europa! Servono norme che valgano per tutti, senza più delegare il dramma al Paese di “prima accoglienza”, cioè alla sola Italia.

Occorrono interventi e investimenti nelle terre d’origine, perché nessuno ama lasciare la propria patria e i familiari. Aiutare i migranti a vivere una vita degna in casa loro, è la scelta politica di un’Europa generosa e lungimirante. Non c’erano “clandestini” -impariamolo per sempre- fra quei cinquecento profughi, di cui gran parte affogati. C’erano madri, padri, figli e fratelli. La solidarietà è la più grande virtù degli uomini. Perfino quando non arriva in tempo, perché travolta dalle onde.


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