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Legge elettorale, perché l’accordo non c’è

Mai più larghe intese. È questo il ritornello che esce forte dal w-e renziano della Leopolda. Il sindaco di Firenze riporta sotto i riflettori il tema della legge elettorale, inserendola tra i punti chiave del suo programma di governo (del Pd o del Paese?).

La proposta di Renzi

La giusta riforma, secondo Renzi, è quella dei sindaci “che si mettono in gioco direttamente, e le persone possono fargli notare, sui social network o nei circoli, che hanno sbagliato qualcosa”. Tre le caratteristiche che deve avere: “Alla fine del voto bisogna sapere chi ha vinto, quello che ha vinto deve avere i numeri in Parlamento per governare, quello che governa è responsabile per 5 anni”.

La proposta di D’Alimonte e del Pd

È però il politologo renziano Roberto D’Alimonte a fare i conti con la realtà: “Va da sé che per introdurre a livello nazionale un modello del genere occorre una riforma costituzionale che in tempi brevi non si può fare”. La soluzione prospettata da D’Alimonte che va in questa direzione è il doppio turno di lista ovvero un premio di maggioranza assegnato in due turni: chi vince al secondo turno prende il premio e governa con la maggioranza assoluta dei seggi. È sulla strada del doppio turno che si muove il Pd. Una strada però non coincidente con il Pdl che invece pone il veto e punta sul premio di governabilità.

La bozza in Senato

La bozza di riforma approdata in commissione Affari costituzionali al Senato prevede alla Camera una quota pari al 20% dei seggi con metodo proporzionale, senza voto di preferenza, su liste circoscrizionali di candidati, con alternanza di genere, delle 26 circoscrizioni attuali. Nel restante 80% dei seggi, senza introdurre il voto di preferenza, si applica il metodo proporzionale su base circoscrizionale su liste di candidati in collegi plurinominali collegate reciprocamente con liste circoscrizionali. Una sorta di “proporzionale annacquato” che non piace ai renziani. È il loro leader ad averlo detto forte e chiaro dal palco della vecchia stazione ferroviaria di Firenze: “Sento una gran voglia di proporzionale nei partiti, ma noi quella voglia gliela faremo passare”.

Porcellum, again?

“A questo punto, meglio tenersi il Porcellum”, aggiunge D’Alimonte dalla Leopolda. Una considerazione che sembra farsi largo tra le fila dei fedeli del rottamatore: “Il Porcellum è maggioritario quindi meno peggio di quell’inguacchio che stanno elaborando al Senato”, dice Salvatore Vassallo. Anche se per il 31 ottobre Roberto Giachetti, che sta facendo uno sciopero della fame per protestare contro lo stallo su questo tema, ha indetto il “No Porcellum day”.

L’orizzonte del 3 dicembre

Insomma la confusione su questo fronte è grande e su di essa pesa la scadenza del 3 dicembre, quando è atteso il pronunciamento della Consulta. Anche per questo è in atto il pressing del Quirinale, giovedì l’incontro con la maggioranza che tanto ha fatto infuriare Beppe Grillo, per cercare di trovare una soluzione condivisa.



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