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L’export tedesco sul ciglio del burrone

Il 13 non porta fortuna all’export tedesco. Se è senza dubbio esagerato parlare del 2013 come l’anno nero della bilancia commerciale della Germania, un dato salta all’occhio scorrendo i dati pubblicati di recente dall’istituto di statistica: tolti gennaio e aprile, ogni mese l’export tedesco del 2013 è stato inferiore a quello del 2012.

Al contrario, l’import si è stabilizzato al rialzo.

Vediamo le cifre. Nel mese di agosto 2013, rispetto ad agosto 2012, le esportazioni su dati provvisori sono calate del 5,4%, a fronte di un calo di importazioni quotato intorno al 2,2%. E se pensate che questi dati siano brutti per la bilancia commerciale, considerate che sono anche migliorati rispetto a luglio (+1% export ad agosto, +0,4% import).

La conseguenza della decrescita dell’export e della decrescita più lenta dell’import, ovviamente, è che si restringe il saldo positivo. L’Istituto calcola che ad agosto il surplus commerciale, sempre ad agosto 2013, è stato di 13,1 miliardi, a fronte dei 16,3 di agosto 2012, circa il 20% in meno.

Ma se guardiamo i dati aggiustati per il calendario, il surplus di agosto 2013 risale a 15,6 miliardi.

Vale la pena, perciò, dare un’occhiata più da vicino ai dati aggregati.

Da gennaio ad agosto 2013 i flussi di beni e servizi esportati dalla Germania sono stati contabilizzati in 726,1 miliardi, a fronte dei 734,2 dello stesso periodo del 2012. Mentre l’import è sceso dai 607,6 miliardi del periodo gennaio-agosto 2012 ai 598,9 del 2013.

Il saldo, di conseguenza è rimasto stabile, anzi è leggermente aumentato, passando dai 126,6 miliardi del 2012 ai 127,1 del 2013.

Un segnale rassicurante, se non fosse che poi, andando a frugare fra i conti, viene fuori un elemento che getta un’altra luce sul futuro delle esportazioni tedesche.

Analizzando i flussi di esportazioni e importazioni classificate per gruppi di paesi, infatti, viene fuori che l’export è collassato del 3,1% nell’eurozona (periodo gennaio-agosto 2013 su 2012) ed è calato dello 0,3% anche nei paesi terzi. Al contrario è salito nei paesi dell’Ue non euro dell’1%, il che porta la media del calo delle esportazioni nell’Ue all’1,7%.

Se si guarda al solo dato di agosto 2013, si vede che l’export nell’eurozona è crollato anche di più, arrivando a -7,2%.

Né il freddo né il caldo aiutano favoriscono le esportazioni, evidentemente.

Lato importazioni, il copione si ripete: aumentano solo nei confronti dei paesi europei non aderenti all’euro (+1,8%), mentre calano quelle dall’eurozona (-0,8%) e dai paesi terzi (-3,8%).

Cosa significano questi dati?

In sostanza i conti esteri tedeschi sono in equilibrio sul ciglio di un burrone. Con l’aggravante che l’andamento dell’eurozona sarà determinante per capire se partirà una frana.

Peraltro l’ultimo outlook diffuso dal Fondo Monetario Internazionale, nella sezione dedicata alla prospettive regionali, scrive a chiare lettere a proposito dell’eurozona che “la domanda è persistentemente debole, specialmente nei paesi periferici, a causa del prosieguo del processo di de-leveraging del settore pubblico e privato”.

E poi, dopo aver sottolineato “le aumentate preoccupazioni di un trend sotterraneo di disinflazione o deflazione”, il Fmi rileva che tale trend verrà aggravato da una moltitudine di fattori, a cominciare dalla crescente debolezza dell’export causato dal rallentamento nei mercati delle economie emergenti”.

Come se non bastasse “nelle economie core dell’area, malgrado i recenti miglioramenti nella fiducia, la domanda privata è affetta da preoccupazioni circa la crescita globale e le contnue incertezze sulle prospettive dell’euroarea”.

Da tutto ciò il Fmi ne deduce la stima che le attività si ridurranno di circa lo 0,5% per cento nel 2013, più o meno quanto si è visto nel 2012, a fronte di una crescita concentrata nel secondo semestre di circa lo 0,75%.

In pratica l’eurozona è ferma. Proprio come l’export tedesco.

Ferma sul ciglio di un burrone,

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