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L’Italia offre un futuro desolante dove trovano posto solo le inquietudini

Sono preoccupato del futuro. L’Italia non offre una prospettiva. Non si intravede all’orizzonte un piano, una visione alimentata dal respiro, lungo, che le difficoltà contingenti e storiche imporrebbero.
Ciascuno ha la responsabilità di costruirsi il proprio futuro e fabbricarsi il proprio destino, certo. Ma non si può prescindere dalle condizioni al contorno. Esse non sono trascurabili.
Il futuro è incerto ma il presente non è disperato al punto da favorire lo sprigionarsi di forze collettive. La corsa alle provviste all’ipermercato ha preso il posto della solidarietà.
Anche solo l’idea di cercare le opportunità altrove mantenendo le radici nella terra in cui si è nati, e in cui ci si è radicati, in ossequio all’adagio che vuole l’Italia, ancora e comunque un bel posto, in cui decidere di vivere fa a pugni con la stretta fiscale che uno Stato diffuso neoplasicamente richiede senza restituire in termini di servizi e di qualità della vita la giusta contropartita. Cosa fare dunque?
Poco o nulla. Si va a dormire con questa domanda che, affilata come una lama di coltello, scivola nella mente e produce inquietudine. Un’inquietudine tale che l’altra mattina sono stato turbato da estraordinarie, orfiche, visioni.
Alla finestra, ero muto a osservare, con la fronte rivolta a Est, il cielo che lentamente si schiariva all’orizzonte, là dietro Superga, illuminato dal sorriso capovolto del sole nascente. E vedevo, sopra di me, sospese nel cielo, zolle di terra all’in giù con sopra enormi palazzi che stavano capovolti. La terra aveva per capelli le radici che spuntavano come tronchi di alberi e si ramificavano verso l’alto.

Maria Grazia Pontorno - roots
Maria Grazia Pontorno – roots

L’atmosfera era fredda, i colori una confusione di pastelli. Da dove venivano tali visioni? Forse il residuo onirico di un ciclo di krebs andato a male? Forse il dopo figlio del talamo, quel dopo che mi ha fatto prima, che all’ipotalamo chiede pianificazione, programmazione e organizzazione? Non so dirlo.
Certo è che, uscendo dalle coperte e avvicinandomi alle imposte, con il cuore in gola temendo che la realtà avesse trovato quel piano inclinato che collega la veglia e il sonno, lo scoprire una realtà del tutto ordinaria non ha cancellato le preoccupazioni.

Glenn Brown - Bocklin's Tomb
Glenn Brown – Bocklin’s Tomb

E, mentre me ne stavo fermo, dietro alla finestra, saltando dal cavallo della follia a quello della ragione, per farmi persuaso e ricondurmi alla tranquillità, non potevo che ammettere che quelle visioni erano la perfetta trasfigurazione di questo tempo presente. Dove tutto è capovolto. Dove le anime, per le quali nessuno si osa muovere o indignare chiedendo per loro un indulto o un’amnistia, private di ogni anelito nella vita diurna, si concedono l’orfica ora d’aria vedendo lungo, vedendo il vero.

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