Macché protagonista del Mediterraneo. L’Italia non è e non può essere protagonista di alcunché.
Avrebbero fatto meglio Alfano e poi Letta, anziché andare a farsi la solita passeggiata con tanto di batti petto davanti alle bare dei morti disperati, a fare una conferenza stampa e dire: “Siamo un paese con una classe politica mediocre e una organizzazione dello Stato enorme, improduttiva e per gran parte incapace che si sostiene per via di una rete clientelare, su cui sono costruite le risultanze parlamentari, basate a loro volta su di un continuo sistema di ricatto reciproco tra politici e funzionari dello Stato e delle principali imprese pubbliche, aggrovigliati, come migranti nella stiva di una barcarola, nel ventre delle non contendibili banche i t a l i a n e.
Non siamo attrezzati, non abbiamo risorse economiche e umane con cui affrontare un problema di dimensioni bibliche come quello dei flussi migratori. Il destino geografico ci assegna un ruolo di porto del Mediterraneo ma lungo il corso della storia abbiamo smarrito, per via di un eterno bizantinismo, la vocazione di attori interpreti della mediterraneità, dello stare al centro del Mondo. Di essere centro. Non possiamo, dunque, fare nulla, fuori dalle ipocrisie delle leggi (Bossi-Fini), piccolezze condominiali buone solo per le scaramucce tra i politicanti di casa nostra, rispetto ai fatti di Lampedusa. Rimettiamo pertanto ogni responsabilità a chi meglio di noi, in qualunque parte del mondo, sia capace di affrontare tale urgenza della storia”.
Quello di Lampedusa, e l’improvvisata solidarietà umana di pochi individui, non è esempio da portare sul palmo della mano evocando riconoscimenti vacui e dal contingente effetto (Nobel), ma è il simbolo dell’improvvisazione quella con cui la classe dirigente di questo paese affronta ormai da tempo ogni capitolo del libro delle urgenze della nostra storia.
Basti pensare che per i funzionari delle dogane le bagnarole su cui viaggiano i migranti vanno considerate alla stregua di comuni imbarcazioni. Da sottoporre, pertanto, ai controlli doganali di routine. Gli ufficiali delle dogane devono occuparsi di verificare se i passeggeri hanno valori da dichiarare, e perlustrare i barconi per verificare l’eventuale presenza di merce da sdoganare.
Tipicamente controlli di questo tipo portano alla luce quintali di feci contenute in sacchi di plastica dove i migranti, pressati come sardine in salamoia, hanno stoccato quello che rimane, di loro, dell’esperienza terrena durante la traversata. C’è solo da attendersi un’accise per lo smaltimento del metano proporzionale al quantitativo pro capite di feci. Rigo E6 quadro Fec 1.