L’Italia scivola sempre più in basso nelle classifiche mondiali sulla competitività internazionale? Poco da stupirsi. Il tracollo del Paese infatti comincia alla fine degli anni Settanta con i preparativi per l’ingresso nella zona euro.
E’ quanto sottolineato da un report riservato di Mediobanca Securities, guidata da Antonio Guglielmi. Detto addio ai giochetti sul tasso di cambio, l’unica strada per risollevare l’Italia secondo gli analisti di Piazzetta Cuccia resta quello della svalutazione interna. Anche attraverso delle riforme strutturali che accrescano l’efficienza complessiva del sistema, naturalmente. Un obiettivo che i governi continuano, chissà come mai, a rimandare di anno in anno, nonostante la rete di protezione assicurata a livello europeo dalla Bce di Mario Draghi.
Le date critiche per l’Italia
“Tre date – si legge nel rapporto – spiegano il divario medio di produttività del lavoro del 20% (ALP – Average Labour Productivity) che l’Italia ha accumulato rispetto alle altre potenze europee:
1) 1979 – quando ha accettato il limite 6% nella banda di oscillazione del cambio previsto dallo Sme (Sistema Monetario Europeo);
2) 1989 – quando si è impegnata al rispetto del limite del 2,25%;
3) 1996 – quando ha deciso di rivalutare la lira dell’8% per rientrare nello Sme ed ha agganciato la lira all’euro”.
In questo periodo infatti è stata registrata “una correlazione del 90% tra il divario medio della produttività del lavoro e il tasso di cambio. La moneta conta, e questo è vero a maggior ragione per l’economia italiana export-led. La svalutazione eccessiva della lira è stata la benzina per il suo motore a bassa crescita”, prosegue il report.
Il ruolo del piano Omt della Bce di Draghi
Il piano Omt (Outright Monetary Transitions – piano di acquisto di titoli da parte della Bce) di Draghi “ha garantito tempo prezioso, ma l’Italia non ne ha ancora tratto vantaggio con delle riforme. Come sottolineato dal Fondo monetario internazionale, per questo motivo è urgente una svalutazione interna cosicché l’Italia possa trasformare il suo divario di competitività, aggravato dalla camicia di forza dell’euro, da minaccia ad opportunità”.
Obiettivo svalutazione interna
Tuttavia, il rapporto di Mediobanca Securities, mette anche in evidenza che “una vera svalutazione interna è molto più che una semplice riduzione del costo del lavoro – comunque troppo elevato in Italia – ma richiede un aumento dell’efficienza dell’economia italiana e delle riforme strutturali. Ciò è rilevante a maggior ragione per un Paese che per tanto tempo ha fatto perno su un’eccessiva svalutazione monetaria prima di entrare nell’euro. Rimandare l’attuazione di riforme quindi comporta il rischio di accrescere ulteriormente il prezzo che il Paese paga per la mancanza di flessibilità valutaria oggi. E se a livello globale si è creato un ‘bull -market di default’, continuiamo a credere che nel Sud Europa lo scenario resterà difficile e ricco d’incertezze, e che quindi si debba scommettere in Italia su titoli sicurissimi”, conclude il report.