Dal 2003, ogni autunno, si riunisce, nell’isola greca di Rodi, una sessione del World Public Forum- “Dialogue of Civilizations” (http://wpfdc.org/ ), un network di ONG che ricerca, attraverso il dialogo tra le diverse culture e utilizzando accenti metodologici variegati, alcune “visioni alternative del mondo”. Un forum interamente dedicato al pensiero anti-scontro delle civiltà, modello Huntigton. Onestamente: una proposta che trovo alquanto scialba e debole nella sua costruzione culturale.
Ma che, nell’ultima sessione di Rodi (l’undicesima), celebratasi il 4 ottobre scorso, ha avuto il merito di tematizzare e documentare la specificità italiana delle piccole e medie imprese, le imprese familiari per intendersi, come volano non soltanto dell’economia, ma dell’intera società. Una ricerca non banale e un esito degno di attenzione. Vediamo i tratti più significativi del report, redatto dal leader intellettuale del gruppo del WPF, Adrian Pabst, Senior Lecturer in Politics, School of Politics and IR, University of Kent; Visiting Professor, Institut d’Etudes Politiques de Lille (Sciences Po).
La tavola rotonda è stata organizzata insieme al Forum Germania-Russia e focalizzato sul ruolo delle imprese familiari nell’economia e bella società. Cinque i temi: 1) la natura delle imprese familiari e le loro caratteristiche specifiche; 2) il contributo delle imprese familiari allo sviluppo socio-economico delle economie avanzate e dei mercati emergenti; 3) le sfide che esse devono sostenere in un mondo sempre più globalizzato; 4) il potenziale e i limiti della creazione di imprese familiari nel contesto di mercati emergenti; 5) politiche di sostegno alla creazione e allo sviluppo di imprese familiari, così come le possibili forme di cooperazione tra le stesse al di là dei confini nazionali, con uno speciale sguardo alla Germania e alla Russia.
Un primo punto è significativo: il modello delle imprese familiari viene analizzato stavolta con uno specifico riferimento ad aree di mercati emergenti e ad aree economiche più consolidate come la Germania e soprattutto la Russia. Un paradigma come quello delle imprese di famiglia, a noi noto da decenni, diventa così il criterio di demarcazione di un possibile modello di sviluppo, adatto alla globalizzazione, così come interessante per aree fino a ieri distanti da esso, appunto Germania e Russia. Quest’ultima, tra l’altro, uno spazio geo-economico così affamato di Italia, Made in Italy e pezzi interi di territorio italiano che – basti pensare alla Toscana – si sta comprando, estate dopo estate (grazie alla liquidità e al cash pronto all’uso che, in tempo di crisi, è troppo appetito dai venditori e proprietari di immobili, per poter essere ignorato). Dunque: si parla di modello-Italia a popoli che stanno in qualche modo colonizzando l’Italia a suon di cash sonante. Per noi, dunque, non è un ragionamento asettico e privo di conseguenze.
Domandiamoci: perché si discute del nostro modello di sviluppo socioeconomico e dello strumento che l’ha reso possibile – l’impresa familiare -, proprio oggi, che l’Italia è ferma e diventa, dunque, meta di turismo interessato al territorio, nonché anello debole della cinghia di trasmissione del potere europeo? Si tratta di un’operazione da intellettuali utopisti o, come io penso, siamo di fronte alle prove generali di un’appropriazione del nostro modello vincente, da sperimentare sia sui territori tedeschi, russi ed emergenti, sia da incamerare, in vista di ulteriori operazioni vantaggiose in casa nostra?
Il tema del “dialogo delle civiltà” qui favorisce la presa d’atto di una gigantesca operazione di uso e consumo del nostro Paese e stavolta con toni tanto soft da meritare l’isola di Rodi e le incantate parole di analisti e consulenti (progressisti, sia chiaro: e questo è un altro punto sul quale riflettere) all’ uopo riuniti colà per la tanto significativa “mission”.
Il report, naturalmente, scorre sul filo dei luoghi comuni e delle ovvietà; ma quel che interessa, in particolare, è il punto n. 4, ovvero le potenzialità delle imprese familiari nel mondo globalizzato. Il report si sofferma sul ruolo dell’innovazione, della creatività e del genio dei singoli e dell’educazione della persona, giungendo a valorizzare la formazione e l’educazione del mondo comunista, oggi ancora incidente in Russia. Un chiaro segnale per chi volesse fare impresa familiare in Russia e adottare criteri educativi efficaci e certi: il comunismo funziona ancora. E può essere innestato sul tronco del progetto economico a conduzione e governance familiare. I Russi sono così legittimati e il nuovo “bel sol dell’avvenire” parla ancora russo. Con i contratti scritti rigorosamente in inglese.
E’, questa, una filiera di ragionamenti che finora non si era mai vista, almeno non così chiaramente e direttamente espressa, e non è casuale: siamo di fronte ad una nuova stagione di ristrutturazione del governo geo-economico del mondo, a partire dall’anello debole dell’Europa, l’Italia, e con la geografia che torna a farla da padrona.
Questa è la vera dinamica della globalizzazione che i nuovi ceti progressisti, amici di tecnici e banchieri, stanno mettendo in piedi, usando la liquidità gigantesca dei nuovi capitalisti russi, gli ex capoccia della nomenklatura comunista di ieri (ancora in tiro e legittimata, come abbiamo visto poc’anzi), e appropriandosi del nostro modello di sviluppo socioeconomico di natura familiare.
Karl Marx avrebbe parlato di “sussunzione reale” di una realtà già sviluppata ad un nuovo modello dinamico di crescita capitalistica: e direi che ci siamo, è di questo che stiamo parlando.
Dunque, ricordiamo la data in cui, per la prima volta, si è discusso, in questi termini, di noi e della nostra storia (con tanto di legittimazione dell’educazione comunista sovietica): il 3 ottobre 2013. Senza essere enfatici: non un avvenimento epocale, certo, ma un segnale inviato da un Sistema economico e di potere, mondialista e globalizzatore (dunque: con il volto sorridente dei progressisti, che era quello del Clinton degli anni ’90, cioè del vero agente dello smottamento finanziario dei derivati: http://www.ilsussidiario.net/News/Denaro-Lettera/2009/2/20/FINANZA-Gli-errori-di-Clinton-alla-base-della-crisi/12732/; http://www.valori.it/finanza/articolo.php?id=2255 ) a pieni giri, questo sì. Può bastare per cominciare a rifletterci sopra?.