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Il Datagate non è uno scandalo. Parla il generale Jean

Le ultime rivelazioni di Edward Snowden sui file dell’Nsa sembrano mettere a rischio la credibilità degli Stati Uniti nei confronti dei suoi alleati europei. Ma la verità è che lo spionaggio elettronico è una pratica diffusa e comune in tutto il pianeta. Non c’è da stupirsi. In un’intervista con Formiche.net, Carlo Jean, professore di Studi strategici all’Università Luiss, ha spiegato che lo spionaggio elettronico degli Usa non è una novità. E ancora meno una pratica esclusiva degli americani.

“Le grandi aziende americane come Microsoft e Google – dice Jean – hanno elaborato dei profili dei consumatori ma anche dei politici. Questo si sapeva. Molto probabilmente la Russia può beneficiarsi delle proteste da parte dei Paesi alleati. Ci sono le reazioni della Germania, dell’Italia e della Francia, ma si sa che anche loro praticano da molto tempo lo spionaggio economico”.

I segreti degli nemici
Il quotidiano britannico The Guardian ha rivelato che gli Stati Uniti hanno spiato 35 cellulari e 200 telefoni di capi di Stato e di governo. Il Washington Post ha avvertito che Snowden ha materiale segreto raccolto dai servizi speciali sulla Russia, l’Iran e la Cina. Secondo una fonte anonima, l’ex collaboratore della Nsa svelerà informazioni sensibili su come i Paesi della Nato raccoglievano dati di riconoscimento sulla Russia per le forze navali americane. “Quando i russi sapranno questo, non avranno problemi a prendere le misure necessarie”, ha detto al Washington Post. Snowden ha ancora 30.000 documenti segreti.

Secondo Jean, “anche la Cina fa spionaggio elettronico ed entra nei data base dei suoi concorrenti”. L’analista crede che la differenza sta nel fatto che la vicenda Datagate è venuta allo scoperto.

L’equilibrio tra privacy e sicurezza
Quando il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha chiesto a John Kerry spiegazioni sul caso delle intercettazioni, il segretario di Stato americano si è detto impegnato nella ricerca dell’equilibrio tra privacy e sicurezza. “Ma la logica america è diversa a quella europea. Negli Stati Uniti cercano di garantire la libertà economica, d’informazione, la libertà di produzione e consumo, mentre in Europa si difende la privacy”, ha spiegato Jean.

Per una seconda Internet
Una pretesa difficile da soddisfare per la mancanza di un sistema internet europeo. “I grandi motori di ricerca raccolgono i dati con i cookies (ma non solo) e questa tecnologia viola i principi della privacy in Europa. La privacy possono averla quelli che possiedono il dominio della rete, come ha spiegato Franco Bernabè nel suo libro Libertà vigilata. Privacy, sicurezza e mercato nella rete (Laterza, 2012). La difficoltà è che l’Europa non ha un proprio sistema di internet e di raccolta di dati”, ha spiegato l’analista.

Come ha scritto Jean sul numero 77 di Formiche (gennaio 2013), “il problema non è di principi ma d’interessi, che d’altronde determinano valori e regole. Ottimisticamente Bernabè auspica una posizione comune europea, pressa di una governance mondiale della rete e la fine del monopolio Usa”. Un progetto tanto auspicabile quanto irrealistica, secondo Jean. Anche se con la sua egemonia su Internet, gli Stati Uniti rischiano di perdere credibilità. Come i fatti degli ultimi giorni stanno dimostrando.

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