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Pronto chi spia? Bruciate le tel. Mancino-Re Giorgio. Da trasmettere quelle rubate al Cav.

Giorgio Napolitano ha chiesto e ottenuto alla Corte costituzionale la distruzione delle sue telefonate con Nicola Mancino, intercettate su ordine del Procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo, Ingroia.
Il Capo dello Stato dovrebbe dimostrare la stessa severità e lo stesso rigore, dimostrati per insabbiare la sua telefonate, per censurare una palese violazione della privacy del cittadino e senatore Berlusconi, di cui è stata registrata e trasmessa su “La 7” una conversazione telefonica, nella quale venivano rivolte delle critiche a Napolitano. Come a Scalfaro, Silvio non è simpatico. Ma non può attaccarlo sulla base di un documento, sottratto al leader del Pdl. Tacciono i partiti di sinistra, in passato protagonisti di memorabili battaglie contro l’abuso delle intercettazioni telefoniche. E la Federazione della stampa non ha nulla da eccepire sul “giornalismo” di Formigli, che vorrebbe, invano, somigliare ai giornalisti del “Washington Post”i quali provocarono le dimissioni di Nixon.
Non ci possono essere le telefonate, oscurate e bruciate, in quanto ritenute illegittimamente registrate e forse molto imbarazzanti per il primo cittadino della Repubblica. E altre telefonate, ancora più private, che non solo vengono trasmesse, ma che vengono utilizzate per colpire e affondare, con pesanti affermazioni, il senatore e cittadino Berlusconi Silvio, fu Luigi, da Arcore (Monza). Il cui partito, il Pdl, è stato determinante nella rielezione di Napolitano al Quirinale, difendendolo dalla dura campagna di stampa, favorevole alla pubblicazione integrale delle telefonate di nonno Giorgio con don Nicola Mancino. Conversazioni che, secondo alcune voci, potrebbero essere presto stampate e diffuse dall’edizione cartacea e da quella web de “Il Fatto Quotidiano” di Padellaro e Travaglio.
Pietro Mancini


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