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Reti, ritardi e occasioni da non perdere

“Il prezzo della luce, per quanto alto, è sempre inferiore al costo dell’oscurità”
(Arthur C. Nielsen)

Se nel capitalismo intellettuale il valore fondante è la condivisione e l’infrastruttura strategica è la rete, l’ammissione di Enrico Letta secondo cui l’Italia è in ritardo sull’agenda digitale non è certo una buona notizia. Non che la cosa sia una sorpresa, ma a destare grande preoccupazione è come questo tema non riesca a sollevare dibattito (e consenso) per una durata superiore a quella di un convegno.

Eppure il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’agenda digitale europea, tra diffusione della banda ultralarga, incremento dell’e-commerce e più in generale accesso a internet, potrebbe generare da solo un incremento del Pil annuo di almeno 2 punti: parliamo di qualcosa come più di 30 miliardi di euro, senza contare le straordinarie implicazioni positive in termini di business e creazione di nuovi posti di lavoro.

Senza dimenticare che, quando si parla di rete, non dobbiamo fare riferimento non solo al valore della connessione per qualcuno ma ad una capacità strategica per tutti. E’ la capacità “di stare” in rete, un approccio, un orizzonte personale e collettivo che ha tag e parole chiave come competizione collaborativa, condivisione, indipendenza e, “last but not least”, libertà democratica. Ecco allora che i temi dell’agenda digitale escono dai timori, dalle parole degli uffici di Palazzo Chigi (e dai convegni) per assumere un’importanza universale. Ed ecco allora che appuntamenti come l’imminente Consiglio Europeo assumono le caratteristiche di uno snodo decisivo per il futuro di tutti, per la futura capacità di “essere”, e non solo di competere ed innovare, dell’Italia e dell’Europa. Nell’era dell’economia della conoscenza e del capitale intellettuale, la capacità di accesso alla rete dovrebbe essere non solo un (pur importante) moltiplicatore economico ma anche un vero e proprio diritto fondamentale di cittadinanza e libertà.

Non so se la strada indicata da Confindustria, con la richiesta di un “digital compact” vincolante per gli Stati, e con annesse sanzioni, possa essere quella più efficace. CONFASSOCIAZIONI e tutta la sua pragmatica ed innovativa rete di associazioni professionali e professionisti, ad esempio, pensano che l’imposizione dall’alto sia sempre un passo indietro rispetto alla “condivisione consapevole”. Ma non bastano le riflessioni e le parole: l’occasione disponibile oggi non deve andare persa e dunque, assieme ai ritardi sull’attuazione dell’Agenda, il Governo dovrebbe preoccuparsi dunque di creare una vera e diffusa consapevolezza dell’importanza dei temi oggi sul tavolo. Consapevolezza senza la quale, la storia ce lo insegna, certi obiettivi di grande portata non vengono mai raggiunti. Purtroppo.

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