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Scontro fra istituzioni, Napolitano-Procura di Palermo 1 a 1

Il presidente Giorgio Napolitano potrebbe presto comparire davanti ai giudici della Corte d’Assise di Palermo nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia. Il presidente della Corte, Alfredo Montalto, ha infatti accolto le richieste del pm Nino Di Matteo affinché il capo dello Stato deponga come testimone.

Se questo inedito scontro tra le istituzioni italiane fosse una partita, sarebbe un pareggio. L’anno scorso infatti Napolitano aveva chiesto e ottenuto, appellandosi alla Consulta, la distruzione delle intercettazioni dei suoi colloqui telefonici con Nicola Mancino, suo amico e suo ex vice al Csm, imputato nel processo.

Da qui derivano dei paletti alla vittoria parziale segnata oggi dalla Procura che potrà sì sentire il presidente della Repubblica, ma “nei soli limiti della conoscenza che potrebbero esulare dalla funzioni presidenziali e dalla riservatezza del ruolo”, e cioè sui suoi rapporti con Loris D’Ambrosio, l’ex consulente giuridico del Quirinale scomparso nell’estate 2012.

C’è proprio la lettera del 18 giugno 2012 al centro delle preoccupazioni dei pm Teresi, Di Matteo, Del Bene e Tartaglia in cui D’Ambrosio esprimeva al capo dello Stato il “timore” di “essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi, e ciò nel periodo fra il 1989 e il 1993″.

Grande cautela da parte del Quirinale, “in attesa di conoscere il testo integrale dell’ordinanza di ammissione della testimonianza adottata dalla Corte di Assise di Palermo per valutarla nel massimo rispetto istituzionale”. “Perplessità” è il termine usato dal ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri per commentare la notizia.

La prossima udienza del processo è fissata per il 24 ottobre. Verranno ascoltati come testi Susanna Lima, la figlia dell’eurodeputato Dc ucciso nel marzo 1992, e Rino Germanà, ex capo della squadra mobile di Trapani. Il pm Nino Di Matteo ha annunciato anche di voler citare per le prossime udienze i pentiti Giovanni Brusca, Leonardo Messina e Nino Giuffrè. E forse, dopo i pentiti, sarà la volta, la prima volta, del capo dello Stato nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.


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