Pubblichiamo grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori il commento di Edoardo Narduzzi uscita sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi Italia Oggi.
Sul campo di battaglia siriano non è stata giocata soltanto una raffinata partita tra le diplomazie. A Damasco si sono nuovamente confrontate le due anime estreme del capitalismo: da un lato Oli, il capitalismo oligarchico di Russia e Cina, dall’altro Bù, il capitalismo tribale degli Usa. E il capitalismo oligarchico ha dimostrato quanto oggi sia diventato un motore fondamentale dello sviluppo globale.
Il capitalismo tribale è quello capace di aggregare e animare dal basso gli interessi individuali e collettivi di varia natura: politici, commerciali, culturali, finanziari. Il potere decisionale dei consumatori è il gene più forte del suo Dna. Sull’estremo opposto del capitalismo contemporaneo troviamo la Russia e la Cina. In questo caso siamo di fronte a un modello di capitalismo oligarchico e accentrato. Non sono le tribù e i movimenti organizzati nella base della società a influenzare azioni e decisioni politiche, ma ristretti gruppi di potere che ruotano intorno al vertice. Due evoluzioni parallele della società globale: una riguarda il primato dei consumatori, l’altra il bastone del comando politico ed economico.
Ma la crisi iniziata nel 2008 con il crollo del muro di Wall Street ha stravolto gli equilibri. Oggi lo spazio di azione delle forze del mercato è in continua ridefinizione. Non tanto e non solo perché le autorità pubbliche hanno dovuto nazionalizzare la banche in difficoltà, ma perché l’erosione dell’azione del mercato in favore dell’intervento dello Stato si è allargato oltre il mondo della finanza: nell’auto, nella siderurgia, nella cantieristica.
La peggiore crisi dal secondo dopoguerra ha fatto emergere anche un’altra temibile capacità del capitalismo oligarchico: quella di saper essere estremamente competitivo a livello micro. La concorrenza in Cina o in Russia è spietata per chi offre servizi, anche innovativi, ai consumatori finali. Dal video on demand alle tariffe delle telecomunicazioni mobili a Mosca è un trionfo del capitalismo tribale, tutto orientato a creare benessere per il consumatore finale. Si tratta di una genesi che rischia di trasformare il capitalismo oligarchico in una invincibile macchina da guerra: verticistica ed efficiente nelle scelte strategiche dall’alto, non rallentate o annacquate dagli eccessi di democrazia, e, allo stesso tempo, tutta sbilanciata in favore di chi domanda nel favorire i vantaggi, per lo sviluppo del pil, dell’allocazione delle risorse decise da scelte ipercompetitive «tribali». Per questa ragione la vittoria in Siria potrebbe essere non isolata e la forza del capitalismo oligarchico ancora tutta da scoprire.