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Difesa, il Pentagono scommette sui circuiti biodegradabili

Dall’elettronica destinata a durare all’elettronica “precaria”, fatta di componenti che si dissolvono quando non sono più necessari. Sui sistemi elettronici “biodegradabili” sta lavorando la Darpa, l’agenzia del Pentagono per la ricerca avanzata.

Il progetto nasce per le applicazioni mediche. Come scrive il settimanale britannico Observer, si può immaginare un piccolo congegno elettronico che tiene sotto controllo un paziente in fase post-operatoria ed evita il rischio di infezioni, per poi essere assorbito dal corpo. In campo ambientale si potrebbero invece progettare sensori capaci di monitorare le operazioni di bonifica in caso di disastri petroliferi in mare, che alla fine si dissolvono in acqua.

Una tecnologia di questo tipo avrebbe senza dubbio anche risvolti militariUn beneficio duplice, scriveva lo scorso gennaio The Verge. Citando quanto si dice tra gli stessi corridoi della Darpa, è praticamente impossibile controllare e recuperare tutti i micro-sistemi elettronici distribuiti ai militari, senza contare le ripercussioni sull’ambiente.

In teoria, continua il sito specializzato in scienza e tecnologia, i componenti potrebbero dissolversi in diversi modi: interagendo con l’ambiente circostante, su comando a distanza, essendo già programmati in precedenza per farlo. Uno dei casi presi in considerazione è la presenza di sistemi che monitorano i soldati sul campo per poi scomparire una volta completato il compito per cui erano stati costruiti.

Sul sito della Darpa sono stati pubblicati alcuni video che mostrano questi sistemi elettronici dissolversi. In uno dei video si vede un circuito integrato squagliarsi in poco più di un minuto mentre sono versate sopra alcune gocce di acqua. In un secondo filmato si mostra un altro circuito dissolversi un bicchiere d’acqua in circa due ore.

Secondo il professor John Rogers, a capo dell’omonimo gruppo di ricerca della Università dell’Illinois, nonché uno dei principali studiosi del campo, servirà un ancora un anno o due di tempo prima di testare l’elettronica biodegradabile sugli essersi umani, su ferite superficiali, spiega all’Observer. Al momento i test sono condotti su topi.

Nello sviluppo del progetto occorre tenere conto dei materiali, quindi uso del magnesio invece del rame come conduttore, per via della tossicità del secondo, oppure della seta per rivestire il sistema.

C’è poi il problema dello sviluppo di sistemi biodegradabili che devono essere usati in ambienti con grandi quantità d’acqua. O applicare la tecnologia a sistemi molto più complessi rispetto a quelli che si vedono nel video. Secondo Michael McAlpine, sempre citato dall’Observer, l’altro nodo “critico” affinché questa tecnologia sia applicata è riuscire a controllare quando i sensori debbano “morire”.

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