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Trasparenza online, il ‘Magellano’ del Governo boccia il Miur

Se c’è una materia in cui il ministero dell’Istruzione a guida Maria Chiara Carrozza è da bocciare è la trasparenza del proprio sito: a dirlo non sono le associazioni che si occupano di open data, ma il governo. O meglio, “la Bussola della trasparenza dei siti web” messa in piedi dal ministro per la Pa a seguito dei nuovi adempimenti previsti dal decreto legislativo n.33/2013 (www.magellanopa.it): un sistema informatico che deve il suo nome all’esploratore portoghese che per primo circumnavigò il globo, Ferdinando Magellano.

Male anche il ministero del Lavoro, promossi invece a pieni voti il ministero della Difesa, quello delle Infrastrutture e il Mibac a guida Massimo Bray; sufficienti il ministero per le Politiche agricole, quello della Salute e il Viminale; così così tutti gli altri, a partire da Esteri, Sviluppo economico e Ambiente.

DI COSA STIAMO PARLANDO
Magellano è, si legge sul sito ‘ad hoc’ del governo, “il knowledge management system promosso dalla presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della Funzione pubblica”, un sistema di “gestione della conoscenza su piattaforma web appositamente pensato per la Pubblica amministrazione, volto ad ottimizzare la condivisione e diffusione della conoscenza all’interno di una comunità di utenti”. “Grazie ad un innovativo motore di ricerca – garantiscono da Palazzo Chigi – i tempi necessari per reperire le informazioni e i documenti vengono sensibilmente ridotti.

Magellano vuole inoltre incentivare i propri utenti a pubblicare materiale non presente sul web e a produrne di nuovo, attraverso una serie di strumenti di collaborazione quali forum, wiki, etc. Tramite la condivisione e l’elaborazione di informazioni, conoscenze e progetti, tutti possono allo stesso tempo condividere la propria esperienza e avvalersi di quella altrui”. Magellano è un sistema “aperto e accessibile a tutti: oltre alla Pubblica amministrazione italiana, possono accedervi consulenti, rappresentanti del mondo accademico, studenti universitari, etc”.

IL DLGS N.33 DEL 14 MARZO 2013
Entrato in vigore il 20 aprile di quest’anno e recante il “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche amministrazioni”, il dlgs è stato approvato dal governo Letta in attuazione dei principi di delega contenuti nell’articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012 n.190 (il cosiddetto ddl Anticorruzione del governo Monti, con ministro della Giustizia Paola Severino).

L’obiettivo perseguito, si legge nella circolare (firmata dal ministro Gianpiero D’Alia e datata luglio 2013) con cui il dipartimento della Funzione pubblica rende nota agli enti interessati l’entrata in vigore del dlgs, “è quello di rafforzare lo strumento della trasparenza […] e riordinare in un unico corpo normativo le numerose disposizioni vigenti in materia di obblighi di trasparenza e pubblicità a carico delle Pubbliche amministrazioni, standardizzando le modalità attuative della pubblicazione, che avviene attraverso il sito istituzionale”.

LA BUSSOLA DELLA TRASPARENZA
Si tratta di uno strumento online, previsto dal dlgs, “aperto a tutti” e che “fornisce funzionalità di verifica e monitoraggio della trasparenza dei siti web istituzionali”; ad oggi “effettua – si legge nella circolare del dipartimento – la verifica su oltre 10.700 siti delle amministrazioni”.

COME SI STANNO COMPORTANDO GLI ENTI
Sempre secondo quanto si legge nella circolare del dipartimento Funzione pubblica (datata luglio 2013), da un monitoraggio a campione risulta che circa “il 30% degli enti non ha ancora adeguato il proprio sito”. L’altro 70%, si legge, “si è invece adeguato istituendo la sezione ‘Amministrazione trasparente'”, ma di questo 70 solo il 30% “ha strutturato le sezioni così come indicato”, il resto invece ha adeguato una media “di 50 elementi sui 66 previsti”.

I PEGGIORI: ISTRUZIONE E LAVORO
Su 66 indicatori di trasparenza (dall’homepage agli ‘altri contenuti’) il sito del Miur riceve 66 rifiuti sottoforma di ‘faccine’ (o smiley) non proprio soddisfatte dal portale. Qualche esempio? “È opportuno – consiglia Magellano a Istruzione.it – inserire all’interno della sezione ‘Organizzazione’ posizionata all’interno della sezione denominata ‘Amministrazione Trasparente’ un link denominato ‘Organi di indirizzo politico-amministrativo’ che riporti ad una sezione dedicata”.

O ancora: “È opportuno inserire all’interno della sezione denominata ‘Amministrazione Trasparente’ un link denominato ‘Consulenti e collaboratori’ che riporti ad una sezione in accordo con quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 33/2013”. Idem per le sezioni “Personale” e “Dirigenti”, stessa solfa anche per la sezione che dovrebbe (dovrebbe, perchè non lo fa) rimandare a una pagina ad hoc per i bandi di concorso.

Anche per la sezione “Bilanci” e “Bilancio preventivo e consuntivo”, sarebbe “opportuno – consiglia Magellano – inserire una sezione dedicata, in accordo con quanto previsto dall’articolo 29, comma 1 del decreto legislativo n. 33/2013”. Insomma, le uniche cose per cui Istruzione.it si salva è per la presenza della sezione “Privacy”, di quella “Link URP” e di quella sulle “Note legali”. Per il resto, i numeri parlano da soli: “Indicatori soddisfatti: nessuno su 66”. Non va meglio per il sito del ministero guidato da Enrico Giovannini (www.lavoro.gov.it), che praticamente ricalca la prestazione di Istruzione.it: 0 su 66, senza nemmeno la toppa “Privacy”, “Link URP” o “Note legali”.

LA CLASSIFICA GENERALE
1 – Ministero della Difesa; ministero delle Infrastrutture; Mibac: 66/66;
2 – Ministero della Salute: 64/66;
3 – Ministero dell’Interno; ministero per le Politiche agricole: 63/66
4 – Ministero degli Esteri: 56/66
5 – Ministero della Sviluppo economico: 52/66
6 – Ministero dell’Ambiente: 35/66
7 – Ministero della Giustizia: 34/66
8 – Ministero del Lavoro; ministero dell’Istruzione: 0/66.

LE SANZIONI
La legge, precisa la circolare di D’Alia, prevede “importanti sanzioni in caso di violazione degli obblighi di trasparenza”. Tra queste “responsabilità disciplinare, dirigenziale e amministrativa” nonché “l’applicazione di sanzioni amministrative, di pubblicazione del provvedimento e mancato trasferimento di risorse a favore di enti od organismi”. GAV

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