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Aerospazio, ecco perché conviene investire

Il paradosso della contemporaneità è rappresentato dal veloce ribaltamento degli assetti che hanno governato gli equilibri mondiali a partire dal dopoguerra.

Abbiamo, così, assistito a fenomeni che sono emersi e progressivamente si sono consolidati negli ultimi decenni non solo nei Paesi di tradizionale sviluppo ma hanno invaso anche popolazioni remote, affermandosi in ambito globale. La “nuova era” è stata caratterizzata delle nuove “tecnologie del silicio”, che si sono affermate in un contesto di dissolvimento di equilibri politici “bloccati” dalla prima metà del secolo XX, determinando,così,l’accentuarsi di un processo di globalizzazione totale che interessa l’economia, la finanza e la stessa cultura.

Nel flusso della storia economica è stato superato uno “spartiacque” che dal modello di sviluppo del secolo XX imperniato su un nucleo di Paesi tradizionalmente avanzati ha portato ad uno scenario molto diverso, segnato dall’emergere nella scena internazionale di nuovi attori come la Cina, la Russia, il Brasile, l’India, dotati di notevole competitività. Questo è il nuovo contesto in cui l’Italia si trova ad agire. Se, dunque, il nostro Paese non vuole rinunciare drasticamente a istituzioni di welfare e solidarietà sociale che rappresentano il frutto di conquiste di numerosi decenni, è necessario che scelga di puntare a produzioni ad alto valore aggiunto essenzialmente giocando due carte: prodotti e servizi di altissimo livello tipici del “made in Italy” apprezzati e ricercati in tutto il mondo e prodotti e servizi ad alta tecnologia.

L’Italia ha una tradizione di primo piano nell’ambito delle alte tecnologie, dove l’industria, l’università e la comunità scientifica operando in modo sinergico, con l’ausilio dell’azione pubblica, hanno in passato consentito lo sviluppo di interessanti eccellenze. Negli ultimi decenni, però, dietro l’accentuarsi di una gravosa concorrenza, il nostro Paese si è sostanzialmente ritirato da diversi dei settori ad alta tecnologia, dalla chimica fine agli acciai speciali, all’informatica e ai sistemi di comunicazione civile. Parallelo è stato l’accentuarsi del peso che il capitale straniero ha acquisito o sta acquisendo in settori strategici , quali i servizi di comunicazione, i trasporti aerei, l’industria spaziale, i motori aeronautici, per i quali è indispensabile in impegno particolare volto ad evitare un degrado ed un impoverimento – a favore delle industrie straniere – dei ruoli che le realtà incardinate in Italia sono in grado di svolgere. È fuori di dubbio il fatto che occorra una forte attenzione da parte dello Stato per la salvaguardia di quei settori nazionali di alta tecnologia tuttora validamente operanti, settori che rappresentano il reale “motore” dell’innovazione e dello sviluppo delle tecnologie e quindi, per ciò stesso, capaci di costituire una efficace leva di ripresa e rilancio dell’industria e del sistema economico nazionale.

Nell’industria ad alta tecnologia ruolo preminente hanno i comparti dell’aerospazio e della elettronica professionale, che sono in tutti i Paesi considerati strategici anche ai fini della crescita del sistema economico, in quanto – operando al limite superiore dello stato dell’arte e sollecitati costantemente ad assicurare prestazioni più elevate ed insieme costi minori – costituiscono un concreto asset di nuove tecnologie di prodotto e di processo. Si tratta di tecnologie che, oltre ad essere suscettibili di impieghi duali al servizio della difesa, della sicurezza e del soddisfacimento di esigenze prioritarie della comunità, sono in molti casi oggetto di spillover (trasferimenti di tecnologie) a vantaggio di altri settori dell’industria e dell’economia generando una preziosa fertilizzazione nel sistema.

Ma di cosa, in concreto, parliamo, quando ci riferiamo a questo peculiare comparto dell’impresa italiana? In Italia le industrie dell’aerospazio e dell’elettronica high-tech rappresentano una realtà primaria nel settore delle alte tecnologie con un consistente patrimonio di tecnologie strategiche e con capacità di ricerca e di produzione adeguate. Presenti in aree puntuali, ma spesso integrate fra loro, di alta tecnologia vedono l’impegno di un novero ridotto di grandi imprese, di un tessuto di aziende di media grandezza (1.500-2.500 addetti) e di una costellazione di Pmi detentrici di patrimoni tecnologici di grande rispetto nell’elettronica e nella meccanica fine. Attualmente il comparto ha un giro di affari annuale pari all’1% del Pil, e investe in ricerca e sviluppo mediamente il 12% dei ricavi con l’obiettivo di assicurare il mantenimento di un significativo livello di competitività internazionale. Ha una occupazione di oltre 50mila addetti di altissima professionalità (oltre 20mila ingegneri operanti in centri di ricerca, laboratori, impianti produttivi) e genera un indotto consistente e molto qualificato di oltre 150mila addetti. Assicura anche un contributo fondamentale alla bilancia commerciale del Paese con esportazioni pari a circa 7 miliardi di euro l’anno.

È in questi comparti che si manifesta l’importanza strategica della ricerca, che costituisce la insostituibile chiave di successo, in quanto condizione necessaria per il consolidamento della competitività nei mercati internazionali. Le attività di ricerca e sviluppo per il settore aerospaziale sono estremamente impegnative: i progetti aerospaziali richiedono di regola investimenti di elevate dimensioni e impegnano nella fase di sviluppo tempi mediamente molto più lunghi che in altri settori (almeno cinque-sei anni). Da ciò derivano – oltre agli inevitabili rischi industriali – tempi di recupero degli investimenti necessariamente più elevati (con il raggiungimento del “punto di equilibrio finanziario” solo dopo 15 o più anni dall’investimento). In tale situazione sarebbe molto difficile la realizzazione di un progetto aerospaziale con l’utilizzo solo di risorse delle aziende. È per questi motivi che tutti i Paesi – e ormai anche l’Europa – prevedono, sia pure in forme diverse, interventi pubblici come condizione necessaria per mantenere vitale questa industria strategica in cui si concentrano effettive eccellenze di capacità tecnologiche che le danno titolo per aspirare ad una collocazione qualificata.

In Italia una intelligente linea di politica industriale avviata già negli anni ottanta ha consentito, prevedendo con la legge 808 del 1985 la istituzione degli opportuni strumenti di intervento, lo sviluppo e il mantenimento nel nostro Paese di una vitale e competitiva industria aerospaziale in grado anche di inserirsi nella rete delle principali collaborazioni internazionali. Il consolidamento di tale situazione in coerenza con le nostre capacità e gli interessi nazionali richiede che su tale industria siano ulteriormente concentrati in modo sistematico investimenti pubblici con la necessaria tempistica, in modo da non disperdere quelle capacità di concezione, progettazione produzione di sistemi complessi ad alta intensità di innovazione, che l’Italia negli anni è riuscita ad ottenere grazie agli investimenti passati. Si tratta di una condizione essenziale perché il nostro Paese conservi capacità e ruoli primari nello scenario internazionale in uno dei non molti comparti ad alta tecnologia in cui è tuttora presente. Ciò consentirà nelle prospettive di medio-lungo termine di confermare le posizioni di eccellenza conquistate nel contesto internazionale. Di qui la necessità di difendere e consolidare la presenza nazionale in tale settore evitando che in conseguenza di una ridotta incidenza delle azioni di governo le imprese italiane si trovino a soccombere di fronte alla aggressiva concorrenza di industrie straniere che fruiscono di un forte ed efficace supporto da parte delle autorità dei loro Paesi. Parliamo di un’eccellenza italiana riconosciuta sul piano mondiale. Parliamo di migliaia di lavoratori. Parliamo di una necessaria visione strategica sul futuro dell’Italia.



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