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Aria fresca e molto renziana nel Pd di Milano

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento del direttore Pierluigi Magnaschi apparsa sul quotidiano Italia Oggi.

La dirigenza del Pd milanese era ridotta da far piangere. Un Pd sempre più romanocentrico aveva lasciato nel capoluogo lombardo degli amministratori segnaposto. Gente sicuramente fidata, ma priva di carisma e, per di più, completamente scollata da una metropoli postfordista che, da sola, sta giocando le sue carte migliori a livello mondiale e che si è insediata in un contesto produttivo e culturale da quaternario avanzato.

I deludenti risultati politici accumulati negli ultimi anni sono clamorosi. Il Pd non è stato nemmeno in grado di mettere un suo sindaco a Palazzo Marino (Pisapia infatti è un Sel). La Regione Lombardia inoltre era una porta senza portiere, dato che il Pdl usciva indebolito dall’infinito mandato di Formigoni. Ebbene, nonostante la porta della Regione fosse libera, il Pd di Bersani non è stato nemmeno in grado di fare rete, per cui la presidenza della Regione è stata intercettata addirittura da un Maroni che, fino a poche settimane prima, aveva messo le dita negli occhi del Pdl, suo partito alleato, e che, alle spalle, aveva una Lega lacerata da lotte intestine così profonde che l’avrebbero poi fatta divorziare dal suo fondatore, Umberto Bossi.

Il profilo del nuovo segretario meneghino, Pietro Bussolati, renziano ma non solo, lascia ben sperare. È un giovane di 31 anni, si è laureato in economia a Pavia, ha conseguito un master alla Bocconi, parla un inglese da lingua materna e lavora all’Eni. Nel suo curriculum non ci sono attività di portaborse, né serate passate in sezioni disadorne, né dibattiti sul nulla. Almeno sulla carta, quindi, Bussolati, è un milanese 2.0. Simile ai molti giovani che stanno costruendo la Milano del futuro che è come dire l’Italia del futuro.

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