La storia dell’umanità è costellata da continue ascese e declini delle nazioni. Osservandola da lontano con occhio comparativo sorge la domanda relativamente ai fattori su cui si basi la capacità di una democrazia di reggere in rapporto alle modificazioni del quadro esogeno. La risposta consiste in molti fattori tra cui peso determinante ha la propensione della stessa di adattare i propri meccanismi rappresentativi al fine di mantenerne la vitalità e, conseguentemente, la percezione di legittimazione che deriva dalla relativa propensione alla generazione di ricchezza per il sistema.
Se questa affermazione è vera, il confronto tra l’attualità politica negli Usa ed in Italia è impietosa per quanto riguarda il nostro Paese.
Il rinnovamento negli Usa
Mentre negli Usa la crescente polarizzazione della politica nazionale, schiacciata tra un Partito Repubblicano sempre più influenzato dalle istanze iper-conservative del Tea Party ed un Partito Democratico che tende verso posizioni sempre più di sinistra, ben rappresentate dall’elezione di Bill de Blasio a Sindaco di New York, da un lato allunga oscure ombre sulla governabilità della più importante democrazia del pianeta (come ben dimostrato dalla vicenda dello shutdown governativo del mese scorso destinato a ripetersi ad inizio 2014), dall’altro dimostra la capacità della democrazia statunitense di interrogarsi sul futuro delle proprie istituzioni ponendo le basi per il relativo rinnovamento, nel contempo il nostro Paese vive una sconfortante situazione di stagnazione di ogni istanza di rinnovamento politico.
Le stelle cadenti della politica italiana
La storia politica nazionale degli ultimi 20 anni è caratterizzata dalle parabole degli auto nominati rottamatori dell’establishment le quali attraversano i cieli delle nostre istituzioni con una rapidità comparabile a quella di una stella cadente durante la notte di San Lorenzo. Da Mario Segni a Mario Monti, il declino dei seminatori di effimera modernizzazione della politica Italiana si compie ben prima che i rispettivi, gracili, semi di presunta novità abbiano cominciato a germogliare.
Questa ormai strutturale incapacità della nostra politica di rinnovarsi è oggi ancora piú dannosa in presenza di un costante deterioramento della capacità del Paese di competere a livello globale mentre i movimenti politici, al di là di un’inconcludente polarizzazione di matrice unicamente personalistica (Berlusconiani vs anti Berlusconiani) basano la propria strategia di comunicazione verso l’affollamento in direzione delle posizioni centriste, determinando la paralisi di ogni meccanismo di rinnovamento.
Tre difetti made in Italy
A mio avviso l’incapacità della nostra politica di rinnovarsi, al di là della resistenza, tipicamente italica, da parte dei detentori del potere relativamente al passare la mano, è dovuta all’azione di tre fattori che, reciprocamente, si rafforzano:
1. Un sistema istituzionale che, partendo dalla legge elettorale che favorisce gli incumbent transita da una burocrazia inutile ed onnipotente che, basta ripassare Weber, è intrinsicamente ostile ad ogni istanza di cambiamento.
2. Un’errata lettura delle dinamiche elettorali che porta ad identificare il ceto medio, storicamente ago della bilancia degli equilibri politici nel nostro Paese, con la diffidenza nei confronti del cambiamento, trascurando che la crisi sta determinando la scomparsa del ceto medio stesso e pertanto fa venire meno la resistenza dello stesso nei confronti delle nuove proposte politiche.
3. La pigrizia da parte della borghesia del Nord, tradizionalmente forza trainante di ogni nuova proposta politica con vocazioni governative, che ha, a partire dal secondo Dopoguerra, osservato la gestione della cosa pubblica come un qualcosa di estraneo rispetto ai propri interessi privatistici, salvo poi realizzare negli ultimi anni che la cattiva politica prima o poi impatta sulla capacità di produzione di ricchezza del sistema e, conseguentemente, sui propri stessi interessi.
Ciò che attende Passera
Sono queste tre dimensioni, meccanismi istituzionali e riforma della burocrazia, dialogo con una classe media stanca della palude centrista da cui ormai non si sente più rappresentata e borghesia toccata nei propri interessi privati, con cui ogni futuro rinnovatore della scena politica nazionale (difficilmente Renzi, più probabilmente Passera se saprà attirare a sé, come chi vi scrive auspica, la costellazione del centro destra italiano alla incessante ricerca di un post Berlusconi) deve fare i conti. Il mostrare coraggio dando le giuste risposte su questi tre macro temi farà la differenza tra chi è destinato a scomparire rapidamente dietro la linea dell’orizzonte della politica Italiana e chi riuscirà a rinnovarla. L’alternativa è rassegnarsi al declino delle nostre istituzioni in termini di capacità di risposta ai bisogni che il Paese, consapevolmente o spesso non consapevolmente, esprime condannandosi ad assistere alla costante e inarrestabile declino dell’Italia nelle classifiche del benessere economico e sociale.