Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il cameo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Questo fine settimana l’ho trascorso a sistemare i ritagli dell’ultimo mese (giornalismo contadino il mio). Ho pranzato con l’amico T. giovane giornalista di razza, parlando di Italia con lo struggimento tipico di noi espatriati, dopo che, la sera prima, avevo colloquiato a lungo con l’amico banchiere P. Mentre scrivo, stanno uscendo i dati definitivi del referendum svizzero 1:12. Un gruppo di giovani socialisti, simili ai nostrani che ritrovi o nei cortei o nei talk show televisivi o fra i grillini, si era fatto promotore di un referendum popolare per mettere un tetto alle retribuzioni: «non devono essere superiori a 12 volte quelle minime!» I nostri conduttori tv si erano eccitati col classico «persino la Svizzera _». Bene, è stato seppellito da una valanga di no. La Svizzera, malgrado i loschi vicini che si ritrova, lotta per restare un paese serio.
IL RITO SACRIFICALE DI BERLUSCONI
Nella settimana in cui stiamo entrando si compirà il rito sacrificale dell’espulsione di Berlusconi dal Parlamento, sono certo che lui non saprà cogliere l’occasione per un’uscita di scena che la sua storia imprenditoriale meriterebbe. In fondo era stato fortunato, la sua prima condanna a 4 anni riguardava una frode fiscale da 7 milioni di euro, i giudici, nell’esercizio dei loro doveri, gli avevano alzato una palla incredibile, che gli avrebbe dato l’opportunità di una micidiale «schiacciata». Nel suo discorso in Senato di domani (se sarà presente) dovrebbe fare un’ammissione di colpa, dicendo che i milioni frodati erano più di 7, chiedere scusa ai cittadini italiani, da «pentito» fare i nomi di tutti quei suoi colleghi imprenditori (vivi e morti) che grazie a frodi fiscali si sono arricchiti, alcuni hanno addirittura creato imperi a nostre spese. Potrebbe pure ammettere che rispetto a loro è stato un dilettante: gli crederemmo. Di ciò infatti noi cittadini abbiamo contezza da tempo immemorabile, ma sentendolo affermare da uno della casta come lui avremmo «spalmato» più equamente il disprezzo verso costoro, visto che alcuni di loro si ergono addirittura a giudici, o peggio pontificano. Peccato, per l’insipienza dell’uomo Berlusconi non succederà, e anche questa occasione di fare chiarezza sarà persa.
DUE DOMANDE
Da queste mie riflessioni extra territoriali sono emerse due domande alle quali per ora non ho risposta. Eccole.
1. È preferibile la strategia indicata da Napolitano e Letta, che colloca le elezioni non prima del 2015, oppure quella del rassemblement giacobino (con i grillini ridotti a portatori d’acqua di lor signori) che vuole liberarsi dell’unico ostacolo serio (Napolitano) e prendere il potere, con il loro candidato Matteo Renzi? Quando sento parlare questa élite, o leggo loro interviste, o loro articoli, mi pare di entrare in una nuvola di cipria, che però lascia dietro di se un olezzo inconfondibile, sarà mica un retrogusto fascistoide? È solo la nevrosi di un vecchio signore come me, dal «naso» esagerato, o le stesse sensazioni le provano anche altri?
2. Spesso mi chiedo, chi è in realtà Matteo Renzi? Una finta Thatcher elettorale che ci disvelerà quella vera solo dopo essere diventato Premier, come piacerebbe a molti? Oppure un Obama? All’apparenza, Renzi si ispira a Obama, a quella nuova tipologia di politici formalmente perfetti, percepiti dal cliente-elettore come prodotti di profumeria di lusso, senza capire che per costoro il packaging fa aggio sul contenuto. Che poi sul campo si rivelino degli inetti e campino per il resto del mandato da anatra zoppa poco importa.
SUL “PIANO RENZI”
Il periodare di Renzi è costruito per presentare un passato buio di cui dobbiamo vergognarci e un futuro che solo lui vede rosato. Peccato che tutti i discorsi siano un banale elenco di obiettivi senza mai nulla dire di come si possano realizzare, e lui sia in preda di una agitazione continua da facite ammuina. Però, l’atmosfera dei media a suo favore è tale che preferisci tacere, per non apparire volgare. Allora, per andare sul concreto, ho letto tutte le interviste, ultima quella su ItaliaOggi, del suo guru Gutgeld, e il programma politico-economico che propone. Premetto la mia deformazione professionale di manager e imprenditore, ma questo è un documento che come azionista boccerei prima di finire di leggerlo. Il piano strategico di un’azienda tecnicamente fallita, come l’Italia, deve far emergere le terribili sofferenze che stanno alla base della sua elaborazione, sofferenze che daranno origine a scelte e decisioni dirimenti, che comporteranno per tutti drammatiche situazioni, alti prezzi sociali da pagare, tempi lunghi per vedere i primi risultati. Se il piano strategico riesce a esprimere questi concetti, allora, solo allora, avrà un’anima, e potrà essere realizzato. Nulla di tutto questo, il «Piano Renzi» mi è parso un prodotto standard, che poi il «mckinsey» di turno «personalizza», per un cliente che deve andare in banca a negoziare un nuovo finanziamento.
Le due domande le ho poste, ognuno può reagire e rispondere secondo scienza e coscienza. Prosit.
L’articolo su Italia Oggi