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Che cosa penso delle lamentele di Befera per i troppi controlli anti corruzione

Chi di spada ferisce, di spada perisce.

Difficile non farsi venire in mente questo vecchio adagio, nel leggere il Direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, che strepita contro il rischio di paralisi dell’attività di contrasto all’evasione fiscale a causa dei numerosi adempimenti e report imposti alle pubbliche amministrazioni, Agenzia delle entrate compresa, dalle nuove normative anti-corruzione.

Secondo Befera, il rischio è che la burocrazia pubblica “venga travolta dalla mole di incombenze per relazionare sull’attività che dovrebbe svolgere, a danno dei controlli sulla spesa e sulla corruzione veri e propri”.

Sono anni che le imprese e i liberi professionisti italiani implorano di essere un meno travolti dalla mole di dichiarazioni e comunicazioni telematiche sui dati fiscali dell’attività economica che cercano di svolgere, a danno della produttività delle loro aziende e studi.

Al netto di episodiche e quasi mai concretamente realizzate promesse di semplificazione, queste implorazioni sono rimaste inascoltate, mentre, nel nome della lotta all’evasione fiscale, sono andati moltiplicandosi adempimenti, spesometri e redditometri di ogni genere.

Anzi, la controproducente trasformazione, da parte di alcuni, della oggettiva priorità di contrasto all’evasione fiscale in una sorta di crociata socio-religiosa, ha spesso determinato che chi molto semplicemente sollevava il problema di adempimenti e controlli, divenuti eccessivi nella loro numerosità e invasività, si beccava pure la rampogna di essere evidentemente amico degli evasori.

Ecco: io non credo invece che per le sue parole, assolutamente simmetriche a quelle di tanti imprenditori delusi e professionisti arrabbiati, Attilio Befera debba essere considerato un amico dei corruttori.

Credo però che, se davvero, nel nome della altrettanto fondamentale necessità di una lotta alla corruzione senza se e senza ma, le pubbliche amministrazioni italiane cominciano a sorbirsi un po’ della medicina che da anni propinano con intensità crescente ai contribuenti italiani, potremo solo che arrivare più velocemente a un punto di equilibrio tra esigenze di controllo e necessità di non trasformare un intero Paese in una grande galera schiava della sua burocrazia.

Perché, sia chiaro, se qualcuno pensa di risolvere il problema semplicemente riportando indietro il livello dei controlli sulle pubbliche amministrazioni, lasciando per il resto sotto scacco crescente imprese e professionisti (come si è ad esempio scelto di fare recentemente per lo spesometro, scandalosamente abolito per il 2013 dall’Agenzia delle entrate solo per le pubbliche amministrazioni), ha veramente, ma veramente sbagliato indirizzo.

Enrico Zanetti
Deputato Scelta Civica e Vicepresidente Commissione Finanze della Camera


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