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Decadenza (non di Berlusconi) alle porte

Nel centro destra è tutto un chiacchiericcio per cercare di ricucire strappi, incompatibilità e fratture multiple. Nella sinistra, diventata un tesserificio per fare un po’ di beneficenza ad immigrati albanesi, eritrei, ghanesi, libici e ragazzi di colore vario, si lavora alacremente per denunciare le larghe intese come un oltraggio alla costituzione, al potere giudiziario e ai candidati alla leadership e alla premiership purché si cambi.

Al centro, la gara a galleggiare comunque, non importa se mutando bandiera, giocando coi sinistri arrivandi e con i post-qualcosa purché abili maneggioni e produttori di prebende, scherzano coi sondaggi che precipitano oltre i limiti dell’irrilevanza. Grillo ha scoperto le magagne dei regolamenti parlamentari e ordina ai suoi di avvalersene come strumenti di denuncia dell’immodificabilità del sistema e dell’urgenza di abbatterlo, pur avvertendo che intanto tende a portare a Bruxelles almeno una ventina di ascari obbedienti, muti e nei secoli fedeli, anche se raccogliticci via streaming.

Certo, un’analisi di questo tipo è agghiacciante, e per niente ironica, anche se ognuno dei suoi destinatari può sorridere del giudizio trasparentemente negativo che potrebbe adattarsi all’avversario locale o nazionale. Ma non è il termometro che indica la febbre da accidia politica; è chi pretende di fare politica smodatamente che deve darsi una regolata e passare dagli opportunismi disinvolti alle coerenze mature, indipendentemente dall’età, visto che, ad andare fuori di sinderesi, vi sono molti professionisti di antico pelo che pretendono di sopravvivere ai loro vizi irreversibili.

Qualcuno cercherà persino di giustificarsi assumendo che anche in altre contrade ed emisferi la politica è diventata liquida e poltigliosa. Ciò non significa che, da noi, sia legittimo attorcigliarsi attorno alle consuetudini peggiori. Anche Aristofane, dileggiando gli ateniesi per la loro mania per i processi, non aiutò Atene a sfuggire alla decadenza.



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