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Il quid che manca: la politica

Una rilevazione demoscopica rivela che le “larghe intese” dividono esattamente l’Italia, metà favorevole e metà contraria. Questo dato, accertato, confligge platealmente tanto con le motivazioni con le quali, ad aprile, si certificò l’atto di nascita del governo con circa il 60 per cento dei voti parlamentari, che con le posizioni presenti oggi nello scontro dei partiti e all’interno di essi.

In particolare appaiono divisi proprio i beneficiari principali della grande coalizione, quel Pd che gode del maggior numero di ministri e sottosegretari rispetto alle altre due componenti dell’esecutivo, il Pdl e Scelta civica. Mentre non favorevoli, se non nettamente contrari alle “larghe intese”, si proclamano tutt’e quattro i candidati alla segreteria del Pd, la cui conquista, almeno implicitamente, porta automaticamente ad aspirare alla presidenza del consiglio.

La propaganda, sui media, si concentra sulla vicenda Berlusconi, quasi fosse essa a minare le “grandi intese”. Ma, senza escludere il nesso fra solidità del governo e decadenza forzata di Berlusconi dal senato, è negli altri due gruppi (il Pdl e Scelta civica) che progredisce una sorta di disamoramento per l’esperienza transitoria del grancoalizionismo. Sul cui termine incombono due altri elementi davvero influenti per la sua sopravvivenza: la debolezza intrinseca del ministero, se rimane solo a galleggiare nell’impotenza e nei pregiudizialismi delle istituzioni e dei partiti di maggioranza; l’inesistenza di una alternativa democratica seria, cosa totalmente diversa dalla maggioranza corsara ormai tre volte emersa in senato.

Liberi i partiti di cambiare opinione. In verità sarebbe un loro dovere tornare alla politica, magari reinterpretando il valore della grande coalizione in funzione di un successivo passaggio all’alternanza. Ma, ora come ora, non si vede neppure l’ombra di un ritorno alla politica pensata, mentre si assiste alla teatralità degli istinti peggiori che hanno sostituito l’opportunismo alla razionalità. Sicché il quid che difetta al complesso dei partiti è proprio quello fondativo: la politica.

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