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Il ritorno dell’antico legame fra Iran e Usa

Nel 1979, con la cacciata dello Shah Mohammad Reza Pahlavi dall’Iran, si interrompeva bruscamente una solida amicizia. Stati Uniti e Persia non si sarebbero più parlati per oltre 30 anni. Per questo l’accordo provvisorio sul nucleare iraniano è da molti considerato un fatto storico che collega con un filo diretto tra Washington e Teheran. La politica mediorientale, mai così fluida e instabile come in questo periodo, continua a sorprendere, come spiega in una conversazione con Formiche.net Nima Baheli, esperto di geopolitica e collaboratore di Limes.

Questo accordo cambia la storia?
Quest’intesa ad interim è stata firmata per creare fiducia tra le controparti, perché erano trenta anni che non si parlavano. La svolta è che si siano confrontati ufficialmente dopo tanto tempo.
Dal mio punto di vista l’accordo non è cosi negativo per l’Occidente, sette miliardi di dollari diluiti in sei mesi, è poca roba in confronto a quello che l’Iran guadagnerebbe senza le sanzioni. Inoltre, l’accordo dice che l’Iran non può arricchire l’uranio sopra il cinque per cento. Se Kerry non avesse firmato, da qui a un mese ci sarebbero state nuove sanzioni e la finestra lasciata aperta da Khamenei per trovare l’intesa si sarebbe chiusa. Per comprendere quanto la guida suprema faccia sul serio si deve capire fino in fondo il paragone da lui fatto tra le scelte di politica estera iraniana e quelle fatte dall’Imam Hasan secoli addietro. Hasan era figlio di Ali e di Fatima la figlia di Maometto e secondo gli sciiti fu il secondo imam successore del profeta. Abbandonò la vita politica siglando un accordo di pace con il califfo sunnita concludendo così la prima stagione di rivendicazioni politiche sciite. Khamenei gli dedicò un libro in cui lo descrisse come “il più grandioso esempio di eroica flessibilità della storia”. In parole povere la guida suprema suggerisce come la trattativa con una potenza più forte sia uno “sforzo eroico” che è lecito a volte fare.

Quindi bisogna fare l’accordo con il “Grande Satana” per sopravvivere?
La Guida suprema, essendo l’apice del potere, ha interesse che la Repubblica Islamica sopravviva, non è un dittatore tipico, ascolta i suoi consiglieri e a volte cambia anche opinione. Khamenei ha capito che i Pasdaran e Ahmadinejad rischiavano di distruggere il sistema. Infatti, le loro dichiarazioni incendiare contro Israele e contro l’occidente avevano allontanato perfino le masse arabe dei Paesi vicini, tradizionalmente anti-israeliane. L’Iran è sempre stato sottoposto a sanzioni, ma le ultime avevano avuto risultati talmente penetranti da aver impoverito molto la popolazione e costretto l’economia iraniana, tradizionalmente legata a quella occidentale, a stringere sempre di più i rapporti con la Cina. Tutto questo ha avuto un costo non minimale, Pechino ha infatti ottenuto clausole capestro che costringono il Paese a importare elevati quantitativi di prodotti cinesi, anche perché il petrolio viene pagato in Yuan. In più, a livello regionale, la famosa mezza luna sciita, che va dal Libano all’Afghanistan, è stata toccata da numerose crisi, a cominciare dalla Siria e dall’Iraq, indebolendo così anche l’Iran. La Guida suprema aveva inoltre deciso di dare più potere alla seconda generazione rivoluzionaria, ma poi ha capito che questo poteva creare conflitti con la vecchia guardia. Quindi ha deciso di puntare sul nuovo presidente Rohani, che già nel 2003, sotto la presidenza di Khatami, come capo dei negoziatori, aveva fermato l’arricchimento dell’uranio per un certo periodo. Il nuovo presidente iraniano ha un potere trasversale.

È quello che politicamente viene definito un asso pigliatutto?
Sì, è uomo vicino a Khamenei, ma è anche un amico fidato del pragmatico Rafsanjāni, presidente del Consiglio per il Discernimento dell’Iran, e ha vinto le elezioni con i voti del riformista Khatami. Fa inoltre parte della vecchia guardia della diplomazia iraniana, tradizionalmente moderata, e ha fatto studi in occidente. Per questo può cogliere meglio certe sensibilità occidentali.

Come hanno reagito Israele e l’Arabia Saudita?
È nell’interesse di Israele un riavvicinamento con l’Iran, ma non lo potrà fare un governo populista come quello di Netanyahu. Paradossalmente il premier israeliano e Ahmadinejad finivano per fare l’interesse l’uno dell’altro, perché con l’alibi nemico esterno, compattavano le forze interne. Ora che Netanyahu è orfano di Ahmadinejad, e che si trova di fronte il nuovo presidente Rohani, molto più raffinato e difficile da gestire, si è trovato spaesato. Inoltre, il premier israeliano non ha ottimi rapporti con Obama ed è noto come durante le presidenziali americane abbia finanziato il suo rivale repubblicano. Nel lungo termine però le prospettive sono diverse, siccome si tratta due paesi non arabofoni hanno entrambi interesse a non creare una potenza araba. Infatti, se si guarda agli ultimi 30 anni, a parte le parole, i due paesi si sono sempre più o meno lasciati in pace.
La questione è diversa per il governo saudita che teme di essere indebolito da un rafforzamento dell’Iran e dalla maggiore indipendenza energetica americana grazie allo shale gas. Qualora davvero l’accordo sul nucleare porti ad un riavvicinamento tra Usa e Iran, questo andrà oltre il nucleare, infatti i due paesi hanno interessi convergenti su molti fronti, per esempio quello afgano. Per rassicurare i sauditi gli Stati Uniti dovrebbe far capire che non li abbandoneranno alla mercé dei persiani.

L’Europa ha avuto un ruolo reale?
Le due pedine chiave del negoziato sono stati gli Usa e Teheran, a parte il gesto dilazionatorio francese – dettato forse dall’obiettivo di ottenere qualche appalto in Arabia o Israele. Bisogna però riconoscere che, sia l’Italia con Emma Bonino, sia la baronessa Ashton, spronati dagli Stati Uniti, abbiano avuto un ruolo importante.

L’Italia era uno dei maggiori partner commerciali iraniani, riuscirà ora a recuperare le posizioni perdute?
Prima delle sanzioni Germania e Italia erano i Paesi con più interscambio commerciale con l’Iran, mentre la Francia aveva importantissime joint venture, per esempio nel settore automobilistico. Cadute alcune sanzioni e senza le condizioni capestro imposte dalla Cina, è abbastanza prevedibile che preferiscano tornare a comprare prodotti europei, per esempio nei settori del tessile, delle ceramiche, dell’alimentare, del petrolchimico e dell’ingegneria. Non tutti sanno che un gruppo italiano sta costruendo la metro di Teheran. Margini per le società italiane ce ne sarebbero, ci potrebbero però essere difficoltà perché si torni all’interscambio di prima, ma gli iraniani sono disponibili a comprare i prodotti europei.

La Turchia, anello di congiunzione tra il Medioriente e l’Europa come ha visto l’intesa sul nucleare?
Istanbul è stata fondamentale per aggirare le sanzioni: paradossalmente lo scambio commerciale con l’Iran sotto le sanzioni è aumentato, grazie alle triangolazioni commerciali favorite dal Paese e pagate in oro. Inoltre, Siria a parte, Turchia e Iran hanno molti interessi in comune.

Cina e Russia che ruolo hanno giocato?
Qualcuno dice che Cina e Russia abbiano spinto l’Iran a firmare l’accordo in cambio della prospettiva di entrare nella Shangai Cooperation Organisation, di cui oggi l’Iran è osservatore. Se le sanzioni cadono, nonostante la Persia si possa riavvicinare all’occidente, questo non comporterà una drastica riduzione dello scambio commerciale con l’Asia, semplicemente il paese tornerà a commerciare con più nazioni.

La casalinga di Voghera iraniana sogna la California. La cultura popolare persiana, televisiva e musicale, viene tutta prodotta in Usa o Inghilterra, la cultura elitaria viene fatta anche essa tra Stati Uniti e Europa. Non è paradossale questo interscambio viscerale tra l’Iran e il “Grande Satana”?
Tradizionalmente tra le due popolazioni non esisteva alcun odio. Fino al colpo di Stato contro Mossadeq, gli Stati Uniti erano molto amati in Persia. Ad essere il nemico era la Gran Bretagna. Anche a livello governativo, paradossalmente, si guarda molto a Washington perché alla sopravvivenza della ideologia alla base della Repubblica Islamica serve un nemico estero. E il Grande Satana, che attrae e svia la popolazione, aveva proprio questo obiettivo.

Concedendo la cittadinanza a moltissimi esuli, gli Stati Uniti dopo la caduta dello Shah hanno di fatto creato un ponte tra Iran e Usa?
Molti iraniani all’inizio scelsero gli Stati Uniti perché lì avevano molti investimenti e questo potrebbe aver creato un ponte, ma io penso che il legame già fosse forte prima. Si può infatti affermare che la forte occidentalizzazione del Paese negli anni settanta da una parte portò alla rivoluzione islamica ma dall’altra portò ad una forte conoscenza del mondo americano. Questo legame oggi è evidente quando si pensa che appunto buona parte della cultura cinematografica, musicale, e letteraria persiana, sia elitaria che popolare, viene fatta in Occidente e diffusa illegalmente in Iran.



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