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Israele: fare di necessità virtù

Negli ultimi giorni Netanyahu ha lanciato alcuni segnali che a prima vista farebbero ben sperare per lo stabilimento di una relazione pacifica tra Israele e Palestina. Tuttavia questa  linea politica potrebbe anche celare la necessità di affermare e mantenere la leadership politica ed economica di Israele, cercando di contrastare la temuta rinascita di un Iran sostenuto da paesi occidentali.

LA QUESTIONE DEGLI INSEDIAMENTI

La settimana scorsa  il Primo Ministro israeliano ha ordinato al Ministro per la casa, Uri Ariel, una rivalutazione del piano per la costruzione di 24.000 edifici nei TOP. Ciò che a prima vista potrebbe far pensare ad un atto di flessibilità politica, risulta essere in realtà un modo per evitare che l’attenzione internazionale si sposti dalla questione nucleare iraniana alla critica agli insediamenti. È lo stesso Netanyahu a confermare ciò nel report con il quale ha invitato il ministro Ariel ad agire con maggiore cautela e a rivalutare il piano: “La pubblicazione delle gare d’appalto per la costruzione degli edifici ha creato un inutile confronto con la comunità internazionale, proprio nel momento in cui stiamo facendo uno sforzo per convincerla a raggiungere un migliore accordo con l’Iran”.

L’INVITO ALLA KNESSET

E dopo l’espressione di un atteggiamento cauto in fatto di insediamenti, grande stupore è venuto domenica a seguito dell’invito rivolto ad Abu Mazen da parte di Netanyahu affinchè pronunci un discorso di fronte alla Knesset, il parlamento israeliano. Alcuni esperti hanno visto in questo slancio diplomatico la volontà da parte di Netanyahu di legare lo stallo dei negoziati di pace ad un costante rifiuto palestinese. Ma se l’attuale politica di Netanyahu, in controtendenza con il precedente approccio, mirasse a normalizzare la situazione con la Palestina in vista di un dispendioso e impegnativo contrasto con l’Iran?

IL CONTRASTO CON L’IRAN

È cosa nota il forte dissenso di Netanyahu ai piani nucleari dell’Iran e il timore che gli attuali negoziati possano portare ad un alleggerimento, se non addirittura ad una eliminazione, delle sanzioni che l’occidente ha imposto all’Iran.

Da un punto di vista di politica di potenza, è evidente il tentativo di Israele di evitare che nella regione si formi una forza nucleare capace di contrastare il suo primato. In termini economici la situazione offre altri interessanti spunti di riflessione, soprattutto se si considerano le recenti scoperte del giacimento di gas naturale “Leviatano” (considerato il giacimento di gas più grande trovato negli ultimi 10 anni). A detta del Ministro per lo Sviluppo regionale, Silvan Shalom, Israele potrà esportare gas a partire dal 2018-2019, ma i tagli dei costi per l’industria, derivanti dalla scoperta del giacimento, permettono già da ora sostanziosi risparmi e guadagni in termini di competitività. “L’intenzione di Israele” continua il Ministro “è poi quella di esportare anche in Asia, andando a sostituire le esportazioni di gas iraniano”.

FARE DI NECESSITA’ VIRTU’

Evidentemente l’opzione di un Iran rafforzato economicamente e che abbia la possibilità di riprendere a pieno ritmo le sue attività di esportazione, spaventa molto Israele. Nel tentativo di rappresentare l’attuale delicato equilibrio regionale, che vede coinvolti in prima linea Israele e l’Iran, si può affermare che la partita si stia giocando seguendo schemi di politica di potenza e di supremazia economico-commerciale. Chissà che non sia proprio la rinascita di un Iran forte ed indipendente a stimolare un avvicinamento tra Israele e i paesi arabi, primo fra tutti la Palestina?



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