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La dittatura del cambiamento, tra guerre di saperi e ascensore sociale/2

“In genere, il futuro si apposta dietro l’angolo, come un borsaiolo, una prostituta o un venditore di biglietti della lotteria, le sue incarnazioni più frequenti. Ma non fa mai visite a domicilio. Bisogna sempre andare a cercarlo….”
(Carlos Ruiz Zafón)

Cambiare nella crisi per avere successo nel futuro. Se analizzassimo le principali serie statistiche, scopriremmo che, nelle maggiori crisi finanziarie ed economiche, quelle gravi, quelle profonde circa l’80% della ricchezza passa di mano, ovvero passa da chi era molto ricco e consolidato a chi lo era molto meno. Diciamolo chiaramente: quando tutto va bene, le derive evolutive ragionano solo di miglioramenti incrementali che, salvo rare e lodevoli eccezioni, interessano solo chi “ha” già e non chi “non ha”. E’ solo grazie alle grandi crisi che si ribaltano le situazioni consolidate ed i ceti bassi e medi ma, soprattutto, i giovani hanno la possibilità di prendere “l’ascensore sociale” verso l’alto.

Tutto sempre con l’obiettivo della conoscenza. Le principali ricerche dimostrano che, per ogni posto di lavoro distrutto nelle imprese di piccole e medie dimensioni da Internet, una media di 2,6 nuovi posti di lavoro sono stati creati. Non è una novità: anche nel recente passato (pensiamo ai cassieri di banca, ai postini ed ai centralinisti), molte attività sono state decimate dalla tecnologia mentre altre venivano create. E’ prossimo l’avvento delle auto senza conducente. Strano? Mica tanto: ricordate quando non esistevano i droni e gli aerei venivano guidati dai piloti? Un tale cambiamento potrebbe spostare milioni di posti di lavoro: camionisti e guidatori di taxi potrebbero sparire così come già sta avvenendo nei treni automatizzati. Analogamente, nel prossimo futuro, vedremo svilupparsi nanomedici, chirurghi bio-tecnologici, agricoltori verticali, manager di avatar per l’insegnamento, broker del tempo, personal brander, manager della vita digitale sui social network e molto altro.

L’obiettivo è allora sempre quelle delle competenze, delle capacità e delle abilità. E’ la legge numero 1 del capitalismo intellettuale: sempre più le persone dovranno essere imprenditori che vendono le proprie competenze sul mercato attraverso livelli di maggiore responsabilizzazione nei confronti di sé stessi e degli altri. D’altra parte, come diceva Victor Hugo, si può resistere all’invasione degli eserciti, ma non si resiste mai all’invasione delle idee…

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