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Le larghe intese delle tenniste azzurre della Fed Cup

Questo editoriale di Federico Guiglia è uscito oggi su L’Arena di Verona, il Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

Il tennis non gode della stessa attenzione televisiva del calcio. Ma la Nazionale femminile d’Italia è paragonabile a quella maschile del Brasile nel pallone: la più forte al mondo.

Il tennis non è uno sport di squadra, animato, com’è, dall’individualismo artistico alla Roger Federer, atletico alla Novak Djokovic, potente alla Rafael Nadal. Ma le cinque ragazze che hanno appena conquistato la quarta “Fed Cup”, cioè l’equivalente della Coppa Davis tra gli uomini, hanno mostrato che l’unione fa la forza persino fra regine e principesse abituate a vincere ognuna per sé.

Il tennis non è la politica. Ma che bella lezione di “larghe intese” arriva dalle sorelle d’Italia. Dopo aver portato a casa l’ennesimo trofeo internazionale, domenica scorsa a Cagliari, le azzurre si sono abbracciate, si sono fatte i gavettoni, si sono asciugate le lacrime di gioia cantando l’inno di Mameli a squarciagola. Sembravano coriste della marcia trionfale dell’Aida nell’arena in festa che le invocava per nome, perché la felicità si condivide a tu per tu: regine e principesse, ma orgogliose figlie del popolo che le riconosceva e applaudiva.

Chissà se Enrico Letta ed Angelino Alfano avranno seguito l’impresa delle tenniste. Ma la notizia non è la vittoria scontata delle italiane, dato che la Nazionale avversaria ha scelto di presentarsi in Sardegna senza le giocatrici più temibili, impegnate “singolarmente” -appunto-, altrove. La novità è capire come hanno fatto Sara Errani, Roberta Vinci, Flavia Pennetta, Karin Knapp e Francesca Schiavone, cioè il quintetto invincibile a diventare invincibile: quattro Fed Cup dal 2006. Hanno fatto poker col tennis. Soltanto la Russia tiene il passo.

E così si scopre che Corrado Barazzutti, già tennista fra i migliori e da tempo capitano non giocatore sia degli uomini, sia delle donne, ha fatto quel che nessun capitano osa fare in altre Nazionali: convocare anche gli allenatori personali di ogni tennista, in modo da far diventare cooperativo quel che prima era competitivo. Mettere insieme, al servizio dell’Italia, i segreti, le intuizioni, i talenti di tutti e di tutte. Dalla Vinci di Taranto alla Knapp di Brunico. Una felice mescolanza all’insegna del merito, perché Barazzutti ha puntato e punta sulle “più brave” del momento. E il solo fatto che “Sarina” Errani e “Robertina” Vinci siano le doppiste numero uno nella classifica mondiale, e che Flavia Pennetta sia stata la prima italiana della storia a entrare nella rosa delle dieci tenniste più forti del pianeta, e che Karin Knapp abbia strappato l’ottavo di finale nientemeno che a Wimbledon, e che “Franci” Schiavone sia stata la prima italiana ad aver vinto un torneo del Grande Slam come il Roland Garros, tutto ciò conferma che qui, in questa casa Italia dove la competenza, la fatica e l’amicizia si mescolano e si confondono, sanno “come si fa”. Come si fa a raggiungere l’eccellenza in barba alla crisi, alle risorse economiche esigue, alla realtà di ragazze spesso costrette ad allenarsi all’estero.

Il tennis femminile è la fotografia dell’Italia che siamo e che potremmo essere ancor di più, se solo la nostra politica fosse capace di adottare lo stesso metro di far squadra e di solidarietà in campo, anziché darsi perennemente le racchettate in testa. Tra i fischi di un’arena che non sopporta più chi non riesce neanche a mandare la palla oltre la rete.

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