Le primarie del Partito Democratico rappresentano un momento di vera democrazia e un’opportunità per il Paese che va oltre gli interessi di un singolo partito o dei suoi iscritti.
In un Paese in cui l’antipolitica ha fatto proseliti, dove l’astensionismo è aumentato drasticamente negli ultimi periodi, e dove le identità politiche si sono indebolite, l’evento “primarie” riesce ancora a mobilitare migliaia di persone, iscritti e non, simpatizzanti e semplici cittadini. Tuttavia, qualche cosa è cambiato di recente.
In questa prima fase sono stati chiamati a votare i soli iscritti al partito, nei vari circoli. La mobilitazione è stata molto alta, tuttavia abbiamo registrato un forte calo rispetto alla tornata precedente. Nel 2009 avevano partecipato in 466.573 (il 56,40% degli aventi diritto) e Bersani vinse su Franceschini con il 55,13% dei voti. Oggi, purtroppo, l’affluenza generale è stata fortemente in calo: hanno votato poco meno di 300.000 partecipanti.
Di seguito i dati ufficiali della delle votazioni dei circoli 2013:
Matteo Renzi, il cavallo vincente su cui il PD vuole scommettere per vincere, è in ampio vantaggio rispetto agli altri candidati, ma non “stravince“. La ragione principale è che all’interno del PD convivono ancora visioni spesso antitetiche di politica, e questo è sicuramente un elemento importante di confronto e di pluralismo, ma anche motivo di conflitto e di tensione. Ma non solo. Credo sia anche un fatto di “rappresentanza“, ossia Matteo Renzi non riesce a rappresentare una consistente parte della base del PD e questo non è un fatto da poco, dopotutto si parla dell’elezione di un Segretario di partito e poi del candidato Premier.
Questo è parte del problema: le due figure dovevano rimanere separate, perché gli interessi di un Segretario di partito possono non coincidere con quelli dun candidato Premier e soprattutto gli interessi di chi si candida divergono: chi verrà eletto si sentirà segretario o candidato premier? Opererà per il partito o per se stesso? Su queste questioni occorreva riflettere di più.
Dal punto di vista “pratico”, ci sono alcune considerazioni da fare sui risultati. Prima di tutto, una bassa partecipazione comporta una debolezza in termini di legittimazione del candidato alla Segreteria da parte degli iscritti. Più della metà degli aventi diritto al voto non ha partecipato, perchè? Fino a quando è un elettore a decidere di “non partecipare” ci possiamo sconvolgere e dire che dobbiamo provvedere al più presto, ma quando è un iscritto che diserta uno dei momenti più importanti della vita “organizzativa” del proprio partito, allora dobbiamo davvero fermarci e dire: “siamo allo sbando!”
Gli iscritti rappresentano l’energia pulsante di un partito che si vuole definire democratico, e c’è da preoccuparsi se questo partito non riesce a coinvolgere più i suoi iscritti. Inoltre, c’è un problema di “metodo“.
La scelta di un candidato dovebbe essere fatta per una condivisione di idee e valori, di un progetto politico chiaro, invece, purtroppo, le motivazioni possono essere molto meno articolate e “nobili”. Come spiegava il prof. Mannheimer in un’intervista che abbiamo realizzato insieme poche settimane fa, il popolo del PD vuole vincere e punta quindi sul candidato che sembra più appetibile, a prescindere dalla propria convinzione personale e dalle proprie idee. In queste elezioni di circolo Renzi non ha prevalso molto, tuttavia prevarrà nell’elettorato perché, come ho spesso sentito dire: comunica bene, sa tenere il pubblico, insomma può convincere a destra come a sinistra. E poi “vogliamo vincere!”.
Ho delle riserve su questo modo di ragionare, ma non ho niente di personale nei confronti di Matteo Renzi. Ciò che mi preme è l’idea di partito e di politica che come iscritti vogliamo difendere, sostenere e portare avanti. Abbiamo vissuto per troppo tempo all’ombra del leader carismatico, con partiti svuotati di significato e “divorati” dal proprio leader e il mio timore è proprio questo: che partito vogliamo e che politica siamo pronti a sostenere?
Malgrado tutto questo, sento di poter essere ottimista perché, almeno nel mio Circolo, ci sono persone che hanno tanta voglia di fare e d’impegnarsi e questo mi dà lo stimolo giusto per andare avanti e provare a contribuire a cambiare le cose.
Il PD dovrà ora impegnarsi per ristimolare la voglia di partecipare dei propri iscritti e in vista dell’8 dicembre dovrà fare tutto il possibile per ampliare la platea dei partecipanti, per esempio attivando il voto online, che consentirebbe a tante persone di poter prendere parte a questo evento anche essendo impossibilitate per ragioni di vario tipo (per lavoro, per problemi fisici ecc..).
La partecipazione è elemento essenziale della democrazia, e un partito come il PD deve fare tutto ciò che può per sostenere l’entusiasmo e la passione di tanti cittadini e cittadine, in Italia e nel mondo, che desiderano prendere parte a queste votazioni.
Sono ottimista, da qua all’8 dicembre avremo molto da fare: andiamo avanti!