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Lobby, addio trasparenza al ministero dell’Agricoltura?

L’annuncio arrivò in un Salone dell’Agricoltura del MIPAAF piena di giornalisti e… lobbisti. E sì, perché quel mercoledì 1 febbraio 2012 Mario Catania, allora ministro delle Politiche Agricole del governo Monti, rese pubblico il testo di un Decreto Ministeriale – il n.2284 del 2012 – per regolamentare la partecipazione dei gruppi di interessi ai processi decisionali del ministero. In sintesi, un embrione di regolamentazione dell’attività di lobbying. Il primo vero atto con obblighi e diritti per rappresentanti di interessi e per la pubblica amministrazione dopo 40 e più progetti di legge e il “ddl Santagata” del governo Prodi, nessuno dei quali andati in porto.

IL GIUBILO DELLE ORGANIZZAZIONI

Una scelta, quella del ministro Catania, che fu accolta con giubilo da organizzazioni come la Ferpi e Il Chiostro, che per la prima volta vedevano una professione troppo spesso vituperata – nonostante il fondamentale apporto in termini di know-how che i lobbisti forniscono a governo e Parlamento –venire pienamente legittimata con regole precise, per quanto limitate (visto che si riferiscono al solo Ministero dell’Agricoltura).

LA GESTIONE DELL’ELENCO

A gestire l’elenco dei portatori di interesse e a curare le procedure di consultazione dei lobbisti iscritti il decreto ha istituito un’Unità per la Trasparenza (a costo zero), guidata dal consigliere di Stato, Michele Corradinotutt’oggi capo di gabinetto del ministero, supportato da uno staff di giovani ma esperti giuristi coordinati da Pier Luigi Petrillo della Luiss e Unitelma Sapienza.

NUMERI E TAPPE

Dopo una presentazione del decreto ministeriale che ha visto coinvolte organizzazioni di rappresentanza, aziende e società di consulenza, per fornire indicazioni sulle finalità della norma e sugli adempimenti e i diritti ad essa collegati, l’Unità della Trasparenza ha dato il via alle iscrizioni all’elenco dei portatori di interesse, che ad oggi vede in lista 84 persone giuridiche (oltre a 20 persone fisiche). Si tratta di associazioni di rappresentanza (Assoelettrica, Assobioplastica, Federchimica, ecc.); qualche grande azienda come Assicurazioni Generali, Enel e Vodafone; fino alle principali società di consulenza di public affairs come Cattaneo & Zanetto, FB & Associati e Open Gate Italia, quest’ultima proprio oggi citata dal Corriere della Sera come iscritta al registro ministero ora retto da Nunzia De Girolamo in un pezzo su lobby e sigarette elettroniche a firma di Lorenzo Salvia.

 IL SIGNIFICATO DELL’ELENCO

Con l’elenco dei lobbisti l’Italia si era quindi avviata verso un percorso che la avvicinava all’UE – che ha un Registro per la Trasparenza, per quanto limitato – e ad altri paesi con regolamentazioni più o meno recenti come USA, Canada, Austria, Germania e Francia.

I PRIMI PROBLEMI

Superato l’entusiasmo iniziale di alcuni però, sono poi arrivati i primi problemi. A scorrere l’elenco infatti, si può notare immediatamente l’assenza dei “grandi” del settore, a cominciare proprio dalle associazioni di rappresentanza: Coldiretti, Confagricoltura, CIA e le cooperative (Confcooperative e Lega Coop).

LE OBIEZIONI DI ALCUNE ASSOCIAZIONI

Queste, sin da prima dell’emanazione del decreto, avrebbero posto obiezioni all’esistenza di un elenco dei portatori di interessi, cui si sono ben guardate dall’iscriversi non essendo obbligatorio (e qui l’errore lo ha fatto il ministero, mormorano alcuni addetti ai lavori). Un’assenza che inevitabilmente pesa sulla legittimità politica e la funzionalità dell’elenco stesso, rimasto per certi versi “zoppo”. Del resto l’allora presidente di Coldiretti, Sergio Mariniera stato chiaro: “Lobby è quella forma di pressione che rappresenta esclusivamente l’interesse particolare e che pertanto non dovrebbe trovare spazio, a prescindere, nell’interlocuzione con le istituzioni. Le Lobby ‘all’italiana’ hanno già fatto sufficientemente del male al paese per poterle legittimare in qualsivoglia forma”. In sintesi il lobbista che dà del lobbista agli altri, e che dice loro: qui la lobby me la faccio solo io.

I CAMBIAMENTI CON IL GOVERNO LETTA 

Con l’avvio della nuova legislatura e l’arrivo a capo del ministero di Nunzia De Girolamo, un vento nuovo è spirato sul tema della regolamentazione delle lobbies. Anzi, più di uno. Il primo è stato di cambiamento e trasparenza, con le indicazioni dei saggi indicati dal presidente della Repubblica, e poi il presidente del Consiglio Enrico Letta in prima fila per una regolamentazione – visto anche il lavoro realizzato da un gruppo ad hoc sul tema del suo think-net VeDrò – con i ministri delle Riforme Quagliariello (ex “saggio”) e quello della Pubblica amministrazione D’Alia al lavoro su un ddl.

LE NOVITA’ AL MINISTERO

Ma a luglio il vento di trasparenza si trasforma in vento di conservazione – si osserva tra alcuni addetti ai lavori – e dopo uno scontro in consiglio dei ministri Letta – considerando il lobbismo “una materia molto delicata e molto importante” – decide di chiudere la questione dando “mandato al ministro Moavero di fare un esame comparato con i principali Paesi europei”. Come se di studi sulla regolamentazione del lobbying non ne esistessero abbastanza, e dimenticando forse che proprio il Ministero delle Politiche Ue guidato da Moavero Milanesi aveva commissionato uno studio (questo probabilmente non a costo zero) ad un gruppo di lavoro guidato dal costituzionalista il professor Tommaso Edoardo Frosini.

LE VISIONI DIFFERENTI

Il punto di rottura nel governo fu la diatriba Quagliarello-D’Alia, arrivati in consiglio dei Ministri con due ddl differenti e di diversa ispirazione. Ma tra i critici più feroci di una regolamentazione che doveva portare trasparenza nel rapporto tra lobby e politica c’era proprio il nuovo Ministero delle Politiche Agricole, Nunzia De Girolamo, che al riguardo parlò addirittura di proposta “illiberale” e “sovietica”. E a domanda sul perché non avesse fatto partire tutto il piano anti lobby dell’Agricoltura la risposta fu: “Manca solo una circolare per estenderlo agli uffici di diretta emanazione del Ministro. Ed evitare i regalini pure per il personale”.

CHE COSA E’ SUCCESSO 

Ma quella circolare non è mai stata emanata. A richiesta di informazioni in via informale dal MIPAAF fanno sapere che la sperimentazione non è ancora partita. Dopo due anni! E infatti su nessuno dei disegni di legge presentati dal Ministro De Girolamo è stata mai avviata alcuna consultazione con gli iscritti all’elenco, mentre sono state ovviamente chiamate a discuterne – con i soliti incontri informali – alcune organizzazioni, scelte sulla base di rapporti consolidati e senza alcuna trasparenza. Nulla di illecito, ci mancherebbe. Anche perché che poi non vengano rispettate le norme sull’AIR che la consultazione la imporrebbero, è purtroppo pratica comune di tutti i Ministeri. E i risultati spesso si vedono in termini di qualità della normazione e di impatto economico.

UNITA’ SMANTELLATA 

Sperimentazione non avviata a parte però – secondo quanto risulta a Formiche.net, e nonostante non ci siano aggiornamenti sul sito – l’Unità per la Trasparenza sarebbe nella pratica stata smantellata. Il coordinatore, il professor Petrillo, ora lavora per l’Unesco e per il Ministero dei Beni Culturali; l’avvocato Ernesto Carbone è oggi un deputato PD (renziano di ferro); Carlo Sacchetto continua il suo lavoro di direttore dell’Associazione professionale trasformatori tabacchi italiani (Apti); Angelo Grimaldi invece è passato attraverso la revolving door ed è andato a seguire le relazioni istituzionali per il gruppo assicurativo Unipol. Infine, anche il segretario dell’Unità risulta destinato a seguire altri incarichi.

CONCLUSIONE 

Il tutto in attesa di una riorganizzazione, che al ministro non sembra interessare, supportata in questo anche dalle organizzazioni di settore. Anche perché il MIPAAF mica è il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali dell’URSS…


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