Le prossime settimane di preannunciano ricche di possibili novità sul fronte politico “moderato”: nel Pdl, mai come in questo periodo attraversato da profonde divisioni interne, si profila la possibilità di una scissione tra l’area governativa e i cosiddetti “lealisti”; tra i centristi sono attese scosse di assestamento dopo il terremoto delle dimissioni di Mario Monti dalla presidenza di Scelta Civica; si è ipotizzata la nascita di un nuovo soggetto politico guidato da Corrado Passera; infine, le primarie del PD: il quasi certo successo di Matteo Renzi potrebbe determinare lo spostamento verso il PD di elettori moderati che da sempre esprimono apprezzamento per il sindaco di Firenze.
COSA SIGNIFICA “MODERATO”?
Fatico a comprendere cosa si intenda per “area moderata”. Si tratta spesso di un’area a geometria variabile che di volta in volta si limita al Pdl oppure si estende a tutto il centro-destra (comprendendo la Lega e i partiti di destra), oppure ancora comprende i centristi di Udc, Fli e Scelta Civica e, nella versione più allargata, include anche la parte del Pd meno collocata a sinistra (ex Margherita e Popolari). Non mi è chiaro nemmeno se con la definizione “moderati” ci si riferisca agli esponenti politici o agli elettori. E, d’altra parte, non si colgono particolari differenze tra molti eletti e molti elettori-tifosi che si richiamano all’area moderata.
POCA COERENZA
Francamente, a giudicare dal fair play, dallo stile comunicativo e dalle strategie politiche che hanno caratterizzato gli ultimi vent’anni, si fatica a riconoscere una coerenza tra la realtà e la sua definizione. A questo proposito qualcuno considera l’espressione “moderati berlusconiani” un ossimoro. Etimologicamente il termine “moderato” richiama “modus”, cioè misura, limite, a significare un’azione aliena da radicalismo e orientata alla giusta misura. In prospettiva futura spesso si utilizzano espressioni che pretendono dare forma ad un soggetto dai contorni indefiniti: centrodestra “moderno ed europeo” (ma che cosa significa concretamente?), quasi a voler prendere le distanze dall’attuale centrodestra italiano i cui tratti di immagine si identificano con il suo leader.
ALLA RICERCA DI UNA IDENTITÀ
Allora cosa significa essere moderati? Esiste un’identità moderata? Ancoraggi comuni, principi e, più in generale, un nucleo valoriale che identifichi l’area moderata? Valori agiti con coerenza, non solo comunicati. Esiste un progetto sul Paese che rappresenti la declinazione di questi valori? Talora si cerca di riempire questo deficit cognitivo associando al moderatismo una possibile versione economica rappresentata dal liberismo, un liberismo all’italiana fatto di slogan (“meno stato più mercato” o “meno tasse meno spesa”) sicuramente molto efficaci ma scarsamente praticati con coerenza per incapacità o per convenienza dato che, al di là degli slogan, nel nostro paese favorire la concorrenza, le liberalizzazioni e il merito appare impresa improba e impopolare (anche tra gli imprenditori, beninteso) con tutto ciò che ne consegue in termini di consenso elettorale.
MAGGIORE CONCRETEZZA
Eppure all’inizio della Seconda Repubblica identità e progetto sembravano esistere nell’area moderata, mentre oggi l’abolizione del’IMU sembra la sola architrave identitaria e progettuale. In questa fase di scomposizione e ricomposizione dell’offerta politica dell’area moderata si fa strada l’opportunità di affrontare la questione identitaria e di definire una visione del Paese e progetti concreti, in grado di favorire processi di identificazione e coagulare consenso in quella larga parte di elettorato che non si riconosce nel centrosinistra e oggi appare alquanto disorientata.