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Renzi, D’Alema… e Crozza

Pubblichiamo il commento uscito oggi sulla Gazzetta di Parma

Il Pdl s’è diviso in due, Scelta civica s’è divisa in due e nel Pd siamo ai materassi tra Matteo Renzi e Massimo D’Alema. Ma per tutto il resto c’è il governo-Letta, che naviga tra alleati colpiti dalla sindrome dei fratelli-coltelli a Roma e quei partner dell’Unione europea che a Bruxelles non hanno digerito la nostra legge di stabilità, ossia la ragione per la quale è nata la maggioranza delle larghe intese. O “meno larghe intese” da quando, sabato scorso, l’un tempo Popolo della libertà ha scelto di diventare partito di lotta con Silvio Berlusconi e di governo con Angelino Alfano.

Ma se il centro-destra piange e rimpiange gli anni di palazzo Chigi in cui avrebbe potuto fare e non ha fatto, il centro-sinistra non ride. E lo scontro per la segreteria del Pd si riverbera anche sul governo, come il sempre più in bilico “caso-Cancellieri” testimonia. Deve o non deve lasciare il ministero, l’Annamaria finora non indagata, ma politicamente accusata di comportamento inopportuno al vertice della Giustizia per il suo interessamento sull’allora detenuta Giulia Ligresti? Ormai i “sì” e i “no” alle dimissioni della Cancellieri attraversano anche il Pd, che pure assieme all’ex Pdl aveva finora salvato il ministro a costo di provocare le ire dei Cinque Stelle, propugnatori della mozione di sfiducia.

In questo clima, che definire incandescente è pietoso eufemismo, arriva un botta e risposta nel Pd che più duro non si può. D’accordo, tutto è ammesso in piena campagna elettorale di iscritti e militanti per scegliere il successore del transeunte Guglielmo Epifani. Ma sentire Renzi che rovescia su D’Alema la colpa che gli attribuiscono con l’eventuale elezione, cioè di “distruggere la sinistra”, e ascoltare il leader Massimo che ricambia, dando a Matteo, nell’ordine, dell’ignorante, del superficiale e del bugiardo, è qualcosa che non s’era raggiunto neanche con la migliore caricatura renziana di Crozza: va al di là persino della burla televisiva.

Volano, dunque, gli stracci a sinistra, il che pone almeno due problemi. Il primo: come farà il favoritissimo Renzi per le primarie dell’8 dicembre, fresco ora di vittoria nei circoli del Pd -46,7 per cento contro il 38,4 del principale sfidante Gianni Cuperlo– a guidare un partito in cui buona parte della pancia (e della testa: D’Alema) lo considera un usurpatore? E poi, come non potrà tale contesa all’ultimo sangue, qualunque ne sarà l’esito finale, avere un effetto destabilizzante, alla lunga o alle corte, sul governo? Tanto più che né Beppe Grillo con la sua rivolta né il Cavaliere in procinto delle barricate si lasceranno sfuggire l’occasione di un Pd lacerato e con due direzioni di marcia -Renzi e quel che rappresenta di qua, D’Alema e quel che rappresenta di là-, per chiudere il prima possibile con l’ingombrante esperienza-Letta. Operazione che diventerebbe più complicata se il governo governasse. Ma le critiche dell’Europa agli impegni economici assunti e presentati dall’Italia con la sua Finanziaria, come si chiamava, impegni considerati insufficienti e poco incisivi, non aiutano a reggere la baraonda.

Non è detto, intendiamoci, che il contesto del tutti contro tutti, che non risparmia neppure i moderatissimi parlamentari di Mario Monti a loro volta scissi in due centrini, né che l’arrivo del giorno del verdetto sulla decadenza del senatore-Berlusconi avranno la meglio sulla stabilità, indispensabile per far fruttare i sacrifici compiuti dagli italiani. Ma il punto è la ripresa, la concreta inversione di tendenza: lavoro, produzione, esportazione, ecco la svolta richiesta. Altrimenti, se il governo sta in piedi non per cambiare, ma solo perché non ha la forza di cadere, i conflitti tra i partiti e dentro i partiti lo faranno esplodere. Letta punta e spera di arrivare a presiedere il semestre europeo, che tocca all’Italia nel luglio 2014. Ma di europeo c’è anche il voto in arrivo nel precedente mese di maggio dello stesso anno. A fronte di un esecutivo fragile e indeciso, che continuasse a non trattare con Bruxelles con la durezza necessaria, la tentazione di mandare tutto all’aria crescerebbe di giorno in giorno e di piazza in piazza.

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