Il mercato delle costruzioni, che in tutto il mondo rappresenta, da sempre, la principale leva per riattivare le dinamiche produttive e occupazionali nel breve termine, è quello che ha maggiormente pagato il costo della crisi economico-finanziaria. In Italia la perdurante stagnazione degli investimenti pubblici nelle infrastrutture e il crollo dell’edilizia residenziale e non residenziale hanno messo a dura prova un settore che rappresenta tuttora quasi il 10% del prodotto nazionale.
Il ruolo delle costruzioni
Eppure le costruzioni possono continuare a svolgere un ruolo determinante per rimettere in moto l’economia del Paese. Ruolo che sarebbe particolarmente apprezzabile qualora fosse centrato su una seria politica di riqualificazione urbana, ispirata all’efficienza energetica e alla messa in sicurezza del territorio contro il rischio sismico e il dissesto idrogeologico. Una grande trasformazione e rigenerazione delle periferie delle nostre città, rispettosa dell’ambiente e del paesaggio, basata sulla moratoria al consumo di suolo e su una riconversione produttiva e architettonica che segni l’inizio di una nuova modernità. In base ai dati Eurostat il nostro patrimonio abitativo è il più vetusto e tra quelli più soggetti agli eventi sismici.
Messa in sicurezza e riconversione
Il 60% degli edifici è stato costruito antecedentemente all’entrata in vigore della prima normativa antisismica, che risale al 1974. La messa in sicurezza delle costruzioni residenziali presenti in zone con elevato rischio sismico edificate prima del 1974 significherebbe agire su circa 1,5 milioni di edifici con attività di recupero e, dove preferibile, con demolizioni e ricostruzioni. Secondo nostre stime, solo questo intervento garantirebbe circa 10 anni di piena occupazione per il mondo delle costruzioni rendendo possibile, considerando l’indotto dei materiali, il riassorbimento dei 600mila addetti della filiera che hanno perso il lavoro in questi anni di crisi.
La riconversione delle aree industriali dismesse rappresenta un’altra grande occasione di sperimentazione architettonica: esse occupano circa il 3% del territorio nazionale, equivalente ad una superficie di 9mila kmq (dati Istat). Anche la riabilitazione energetica degli edifici appare ormai non più rinviabile. Per loro natura, gli interventi migliorativi dell’efficienza energetica presentano costi ammortizzabili solo se l’intervento avviene nel contesto di una più generale iniziativa di ristrutturazione dell’edificio.
Politiche di riqualificazione
Ogni anno in Italia solo una minima parte del patrimonio immobiliare è interessata da importanti interventi di riqualificazione energetica. L’intero patrimonio edilizio per uso civile (residenziale e terziario) ha consumato nel 2011 circa 47 milioni di Tep (tonnellate equivalenti di petrolio). Di questi, il solo settore residenziale ne ha assorbiti quasi 29 a causa dell’anzianità delle costruzioni, delle mancate manutenzioni e del tipo di materiali impiegati. È dunque indispensabile attivare politiche di riqualificazione e di recupero del patrimonio edilizio, che oltre a prevedere una qualche forma di “cabina di regia” a livello nazionale dovrebbero contemplare, tra le altre cose, agevolazioni fiscali e semplificazioni amministrative per il cambio di destinazione d’uso. Gli interventi potrebbero concentrarsi sulle aree industriali dismesse e sui quartieri residenziali – per lo più sorti negli anni del “miracolo economico” – caratterizzati da una scarsa qualità architettonica e inadeguati rispetto alle attuali normative sismiche, idrogeologiche e di risparmio energetico. Il passaggio dalla demolizione alla ricostruzione dovrebbe prevedere forme di reimpiego degli scarti provenienti dalla demolizione, la cui “produzione” ha superato quella dei rifiuti solidi urbani.
Le politiche energetiche in Europa e in Italia
Ovunque, in Europa, sono state attivate da tempo politiche di profonda trasformazione urbana con l’obiettivo di rendere le città “smart” dal punto di vista energetico-ambientale.
In Italia si può guardare a quanto si è fatto e si sta facendo a Milano e a Torino per la riqualificazione di alcune aree degradate o dismesse con diverse soluzioni di eccellenza sotto il profilo ambientale e tecnologico. Un programma nazionale di riqualificazione urbana comporterebbe per l’Italia un rilancio dell’economia in grado di attivare, secondo gli esperti di settore, un moltiplicatore di espansione degli investimenti e dell’occupazione di circa tre volte superiore alle risorse utilizzate.
Permetterebbe un risparmio complessivo nel lungo termine delle risorse energetiche rispettando i criteri di piena sostenibilità. Migliorerebbe l’habitat delle periferie, potenziando la sicurezza dei cittadini e aumentando la socialità di quei luoghi in cui per decenni ogni cittadino ha vissuto “accanto” agli altri ma mai “insieme” agli altri.
Giuseppe Schlitzer, Consigliere delegato Aitec
Fabrizio Luffarelli Ufficio studi Aitec
Articolo pubblicato sul numero 82 della rivista Formiche