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Se i moderati non sono solo Alfano e Mauro

La frattura del Popolo della libertà non ha prodotto soltanto la nascita di due partiti (Forza Italia e Nuovo Centrodestra, sulle cui quotazioni i sondaggisti si vanno sbizzarrendo dando però poca enfasi alla superiorità complessiva dello schieramento di centro-destra su quello di sinistra-centro). Sono anche in svolgimento – o programmati – incontri di altre formazioni di centro o moderate che, se non comprese nell’arco del centro-destra, certamente non sono ascrivibili – per natura, vocazione e scelta – ad un fronte delle sinistre.

Al centro di questi due mondi in movimento (di cui fanno parte ex democristiani tornati alla luce col loro simbolo; postdemocristiani non pentiti che cercano un riscatto rispetto al voto dello scorso febbraio; laici – tecnici, politici o ex sinistra – propostisi come aghi di una bilancia che però è ferma per malfunzionamento dei meccanismi d’equilibrio; moderati espressivi d’una borghesia settentrionale che si sentono esclusi dai grandi giochi politici) c’è il tentativo, più o meno dichiarato, di costituirsi in un terzo polo calamitante; oppure di rafforzarsi, ma nel quadro di apparentamenti sempre antagonisti rispetto alle sinistre, unite o divise.

Questi due mondi in agitazione, promettenti ognuno dei Manifesti agli italiani per affermare o chiarire la propria identità – evidentemente non coincidente con alcuna delle formazioni che oggi si spartiscono le valutazioni dei sondaggisti – rappresentano fette di popolazione che vanno seguite con attenzione. Potrebbero emergere da porzioni di elettori che, a febbraio, si sono già misurate, raccogliendo però risultati poco soddisfacenti e che ne hanno obbligato il fallimento.

Potrebbero sortire da aree di cattolici organizzati che si sono sentiti esclusi dalle scelte nominative dei candidati al parlamento, considerandole non rappresentative dei propri gruppi o interessi corporativi. Potrebbero, però, anche provenire – almeno è augurabile che soprattutto a questi si pensi – da quel vastissimo astensionismo che, se mobilitato attorno a nuove offerte politiche credibili e affidate a elementi più freschi o anche soltanto più propositivi, sembrano destinate a modificare nuovamente la geografia politica italiana. Di qui l’attenzione verso un nuovo strumento elettorale, diverso tanto dal porcellum che dal mattarellum, prescelto dal parlamento con serietà e non con spirito di parte.

La costituzione del Nuovo centrodestra ha in qualche modo prevenuto le attese dei due mondi cui accennavo, ma non le ha soddisfatte. Per il semplice motivo che non i vari strappi finora registrati ma piuttosto un effettivo rimescolamento politico – non finalizzato a prebende da conservare – può rispondere alla logica di un cambiamento generazionale e di un mutamento istituzional-costituzionale che facciano uscire l’Italia dal suo ingombrante corporativismo che finisce col negare in partenza al cittadino di appropriarsi dello scettro del potere.

Per serietà e nettezza intellettuale, è doveroso comunque rendersi conto che non si costruisce nulla di nuovo mettendo in qualche modo insieme il vecchio che è stato disfatto. Così come non si può escludere da niente chi si renda autore di proposte convinte e realizzabili e non, invece, solo portatrici di illusionarismi rivoluzionari.

 



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