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Ecco perché i compensi dei capi azienda sono spesso eccessivi

Lo studio Pay on Performance – studio sulle remunerazioni 2012 nelle società quotate italiane condotto da Sergio Carbonara di Frontis Governance (primo proxy advisor italiano che si occupa di analizzare la governance delle società quotate nel mercato italiano), mostra ampie contraddizioni interne nella gestione delle aziende italiane: da sproporzioni tra compensi e performance a buonuscite eccessive rispetto ai risultati raggiunti.

OBIETTIVI DELLA RICERCA

Lo studio di Frontis Governance sulle remunerazioni si concentra sui compensi ricevuti dai cosiddetti CEO Chief Executive Officer (responsabili delal gestione), dai componenti del Consiglio di Amministrazione e, quando presenti, dai componenti del Consiglio di Sorveglianza delle aziende italiane quotate in borsa. Si legge nello studio: “L’obiettivo non si limita a valutare l’ammontare dei compensi, ma a definire l’aderenza delle strutture retributive agli obiettivi societari ed alla creazione del valore: le politiche sulle remunerazioni delle società quotate italiane sono realmente costruite per premiare le performance?”.

I COMPENSI

Nel confronto tra performance e remunerazioni lo studio di Frontis si è basato sui compensi “maurati nell’esercizio” che comprendono:
tutti i compensi monetari corrisposti nel corso dell’esercizio: emolumenti, bonus
annuali, incentivi monetari di lungo periodo, benefits ed altri compensi monetari;
le azioni gratuite effettivamente assegnate nell’esercizio, riportate al valore di mercato
alla data dell’assegnazione, anche se soggette ad eventuali periodi di indisponibilità non
legati ad ulteriori parametri di performance;
le stock options esercitate, valutate come differenza tra il valore dell’azione al
momento della conversione ed il prezzo di esercizio dell’opzione. Non sono incluse le
stock options assegnate nel corso dell’esercizio non ancora esercitate, in quanto il
relativo valore è solo potenziale e dipendente dalle performance future”.
Le remunerazioni (corrisposte dalle 98 principali società quotate italiane), nella loro composizione, sono state analizzate in base alla loro natura: cash (azioni o stock options), e competenza.

I NUMERI COMPLESSIVI

“Al netto delle “buonuscite”, i compensi medi dei CEO e dei componenti il principale organo societario “sono aumentati del 15,3% nel 2012”. L’incremento, come si legge nello studio, ha seguito diverse dinamiche tra dirigenti e consiglieri non esecutivi.
L’incremento dei compensi dei CEO è dovuto sostanzialmente agli “incentivi di lungo periodo maturati nell’esercizio” (+150% rispetto alla riduzione dei compensi fissi del 6,6% e dei bonuus annuali del 9,9%). Hanno contribuito, poi, in maniera determinante gli incentivi finanziari maturati nel 2012 (azioni assegnate e stock options esercitate).

LE CAUSE DEGLI INCREMENTI

Ma a chi o a quali società è dovuto l’aumento dei compensi individuali? Attraverso l’analisi è stato possibile individuare la causa dell’incremento in 4 società e 3 dirigenti: “l’Amministratore
Delegato di Fiat, e Presidente esecutivo di Fiat Industrial, ha ottenuto azioni gratuite del valore complessivo di € 40,7 milioni dalle due realtà; in Luxottica sono maturati i diritti all’assegnazione di azioni gratuite del valore di circa € 10 milioni; l’Amministratore Delegato di Yoox ha ricavato un guadagno potenziale di € 23,55 milioni dall’esercizio delle stock options”.

LA BACCHETTATA

Un ulteriore dato ottenuto dall’analisi dei compensi fissi ha mostrato l’assenza di una correlazione di questi ultimi con le dmensioni dell’emittente, anzi, si è riscontrata “una certa stabilità al decrescere della capitalizzazione ordinaria”.

LE STRANEZZE

La correlazione tra compensi e capitalizzazione è dunque “assente”. Se si considerano i compensi dei CEO di Mondadori (al 91 posto per capitalizzazione), Premafin (92 posto) e Cementir (94 posto) e si mettono a confronto con quelli di Eni, Enel e Unicredit (rispettivamente ai primi tre posti della classifica) si può osservare come i primi siano superiori alla media dei secondi ed è una tendenza confermata anche in altri studi di settore.

I CONFRONTI 

Mettendo a paragone i compensi elargiti dalle aziende italiane con aziende di altri Paesi si conferma la tendenza al rialzo dei compensi nel mercato italiano: in 17 aziende su 60 il compenso fisso è superiore al milione di euro, maggiore dei compensi medi elargiti in Gran Bretagna, Scandinavia e Benelux, “nonostante una capitalizzazione media pari a circa un quarantesimo”, rimarcano gli esperti coordinati da Carbonara.

LE OPACITA’

Altra conclusione dello studio di Frontis: “Non risultano relazioni verificabili, dunque, tra bonus annuali (per quanto rappresentino solo il 14,4% dei compensi) e risultati ottenuti dalle aziende nè in riferimento ai criteri di performance operatve nè al valore creato per gli azionisti”.

GLI INCENTIVI

Anche gli incentivi di lungo periodo – secondo l’analisi di Carbonara – confermano “l’assenza di un legame chiaro tra comppensi e performance”, anche se “con riferimento alle 38 Large-cap – si legge nello studio – si riscontra un certo grado di correlazione in prossimità degli estremi: a livelli più elevati di performance corrispondonno generalmente gli incentivi maggiori, che tendenzialmente non maturano nelle società con le performance peggiori”.

LA SPROPORZIONE

Il confronto tra rendimento complessivo degli azionisti e gli incentivi corrisposti ai CEO evidenzia poi – sottolinea lo studio di Frontis – una netta sproporzione: il rendimento degli azionisti (nel periodo dal 31 dcembre 2008 al 31 dicembre 2011) è stato pari al 14,5%; gli incentivi di cui hanno goduto i CEO nel 2011 e 2012 e relativi allo stesso periodo di performance hanno rappresentato, invece, il 98,7% dei compensi base.

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