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Tiro al bersaglio su Letta: déjà vu nel 2007 contro Prodi

L’autunno-inverno del 2007, iniziato con l’incoronazione di Walter Veltroni a leader del Pd, segno’ ‘la fine politica’ prematura del governo di centro-sinistra di Romano Prodi, il poeta morente, come lo chiamo’ l’ex-Presidente della Camera ed alleato, Fausto Bertinotti: “una stagione si è chiusa [serve] un governo nuovo, spiego’ il 4 dicembre a la Repubblica. “Romano Prodi [poeta] morente? È solo una citazione. Il poeta morente era Cardarelli. Prodi non è un poeta”.

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Il tandem Veltroni-Bertinotti minò così alle fondamenta il secondo governo di centro-sinistra di Prodi (il primo andò in frantumi nel 1998 per mano di Bertinotti) aiutato in quest’opera di demolizione da Silvio Berlusconi: al centro dei contatti tra Veltroni e Berlusconi c’era la riforma elettorale, come oggi. Per la cronaca il governo Prodi cadde a febbraio 2008 dopo che il ministro della Giustizia, Clemente Mastella si dimise perché la moglie Sandra Lonardo, allora presidente del Consiglio regionale della Campania, fu raggiunta dal provvedimento di arresti domiciliari da parte della procura di Santa Maria Capua Vetere: “mi dimetto per senso dello Stato”, di fronte, disse Mastella, a “un’ingiustizia enorme [..] fonte inquinata di un provvedimento perseguito con ostinazione da un procuratore che l’ordinamento manda a casa per limiti di mandato”. E infatti il capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere, Mariano Massei, il giorno dopo se ne andò in pensione. L’operazione 2007 si sta ripetendo oggi, sei anni dopo: il tiro al bersaglio sul governo di Enrico Letta vede come protagonisti, per motivi opposti ma convergenti, Matteo Renzi, smanioso oltre misura di sedere a Palazzo Chigi, passando per la conquista del Nazareno, coadiuvato da Nichi Vendola che, come fece Bertinotti con Veltroni, ha fatto già fatto pervenire a Renzi le sue simpatie: “[…] il ‘mai più larghe intese’ dovrebbe cominciare subito perché il governo delle larghe intese è un principio d’impoverimento ed immiserimento della lotta politica”. E, dall’altra parte, il furente Berlusconi che, per evitare la decadenza da senatore, cerca, senza il predellino del 2007, nel tiro al bersaglio sul governo Letta, l’appoggio nel M5S viste le aperture del suo profeta, Beppe Grillo: “se andiamo a sinistra siamo rovinati”, quindi il M5S guarda ‘a destra’. E, ironia della sorte, come sei anni c’e’ anche oggi di mezzo il Guardasigilli: Annamaria Cancellieri, chiamata a riferire al Parlamento sul ‘caso Giulia Ligresti’ (lo farà martedì prossimo) sull’opportunità dell’intervento per favorire il passaggio di Giulia Ligresti dal carcere ai domiciliari per motivi umanitari. Si dimetterà la Cancellieri come fece Mastella? Si vedrà. Insomma, un déjà vu che si gioca ancora sulla riforma elettorale e sulla pelle, o meglio sul futuro del Pd. Ai posteri, cioè agli elettori delle primarie del Pd, l’ardua sentenza, tenendo bene a mente la disfatta elettorale del 18 aprile 2008!



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