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Torna il ’68?

Sotto la crosta d’un intonaco annerito e sgretolato dai fumi ideologisti, pragmatisti, giacobini e opportunisti che avvolge le casematte dei partiti e degli assembramenti che vociano nel diciassettesimo parlamento nazionale, sembra comparire un sessantottismo di ritorno. Tutti vogliono tutto e subito. Vogliono fare l’amore ma non la guerra (che però si combatte soprattutto nelle formazioni di cui si fa parte). Nessuno si considera responsabile del passato anche recentissimo in cui ci si è impinguati (ricordate un certo Monti?). E ognuno ritiene di impersonare l’ombelico del mondo.

Il sessantottismo vissuto senza allegria, con una foia forcaiola allucinante, una superbia demoniaca e una legalità da tribunali fascio-nazisti, per di più con cinquant’anni più tardi e da over quaranta che paiono sortire dalle caverne e non dalle esuberanti e vitaliste masse fraternizzanti entusiastiche e liberaloidi di Woodstock, più che patetico, è osceno, paccottiglia di vergogne pendule avvizzite e rattrappite.

Questi giovani-vecchi che si credono indispensabili per un domani radioso, farebbero bene a riconsiderare il vissuto. Dopo il ’68 gaudente e spensierato venne il ’77 terrorista e assassino. Che – sarà un caso – riemerge addirittura nelle furiose dispute interne a Magistratura democratica; nata in altro contesto, e che ora scopre di non essere il sole dell’avvenire ma non vuole convincersi che il giustizialismo è vigliaccheria antica, assolutista, illiberale, reazionaria.



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