La due giorni di incontri a Vilnius, in Lituania, che si apre oggi non è solo un summit dell’Unione europea con i sei Paesi del partenariato orientale, ma si è trasformata un lungo braccio di ferro geopolitico tra Bruxelles e la Russia di Vladimir Putin. Al centro del contendere le ultime decisioni dell’Ucraina, che per il momento ha congelato la sigla degli accordi con l’Ue sulla strada dell’integrazione per volgere lo sguardo a Est, verso Mosca. La questione non è solo un gioco di alleanze e non risiede unicamente in trattative commerciali, ma è qualcosa di più, perché qualunque sia la decisione che alla fine Kiev prenderà, verranno ridisegnati gli interi equilibri dell’area orientale.
Il partenariato orientale dell’Ue mira a migliorare le relazioni politiche ed economiche con sei Repubbliche ex sovietiche, l’Armenia, l’Azerbaijan, la Bielorussia, la Georgia, la Moldova e – appunto – l’Ucraina. Tutte assiepate in quello spazio territoriale che separa l’Europa dalla Russia. Dei sei Paesi coinvolti, l’Ucraina è quello più grande ed è anche quello più importante in termini di “peso energetico”, perché può contare su forniture di gas che fanno molta gola a Bruxelles.
Ed è vero che da giorni la popolazione ucraina sta protestando perché vuole andare in direzione dell’Europa e per non tornare all’antico tra le braccia di Mosca, ma è altrettanto vero che chi governa a Kiev (e quindi chi decide per le sorti del Paese) sembra pendere per la seconda opzione, con grande gioia di Vladimir Putin.
Il presidente russo non ha usato certo il fioretto nell’attaccare “le pressioni” fatte dall’Europa all’Ucraina per la firma del partenariato e si è difeso quando gli alti papaveri di Bruxelles hanno a loro volta accusato Mosca di esercitare la sua influenza su Kiev per portarla al suo seguito. Il messaggio di Putin è chiaro: giù le mani dall’Ucraina che è e resta nel giardino dell’ex Unione sovietica.
Ancora oggi i i sondaggi pubblicati sui principali siti moscoviti esprimono in modo trasparente i desiderata dei russi e le percentuali in favore di un accordo Kiev-Bruxelles sono da prefisso telefonico. I russi sperano che l’Ucraina entri nell’unione doganale con la Federazione “perché il mondo slavo deve tornare ad essere unito”, sostengono in tanti.
E a parlare alla vigilia del summit di Vilnius è il capo del Comitato Internazionale della Duma, Alexey Pushkov, che in una lunga intervista per il giornale conservatore Isvestia attacca Bruxelles. “L’Ue non ha ancora spiegato da dove verranno i fondi per modernizzare l’Ucraina”, dice Pushkov, andando a toccare un nervo scoperto dell’intera vicenda.
Kiev può contare su eccezionali riserve di gas, ma le sue infrastrutture sono obsolete e per poter essere utilizzate hanno bisogno di lavori di ammodernamento che non costano poco. La Russia è disposta a “investire” in questo senso, ma l’Europa vessata dalla crisi può realmente permettersi di farlo?
Insomma, la Russia proprio non ci sta a vedere l’Europa che si espande ad Est e si schiera nettamente con il presidente Viktor Yanukovich, bersaglio delle manifestazioni di piazza contro la decisione del governo.
L’Europa, dal canto suo, è ancora possibilista, anche se mette in chiaro che non ha intenzione di sottostare ai diktat di Kiev. “La partnership fra l’Unione europea e i Paesi vicini è un impegno a lungo termine, non un gioco al rialzo, a chi fa l’offerta economica più alta o batte più forte sul tavolo”, ha detto in apertura dei lavori di Vilnius l’ex presidente dell’Europarlamento Pat Cox. Per il momento, però tutto sembra bloccato e dall’Ucraina arrivano segnali che fanno pensare a un allontanamento già consumato.
L’unica cosa certa per ora è che ancora una volta Vladimir Putin sta dimostrando di vivere un grande momento internazionale, imponendo la volontà della Russia sui principali tavoli internazionali, dall’Europa al Medio Oriente. E Bruxelles non ha né la forza né la capacità per reagire.