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L’amara lezione del caso Consob-Unipol

Pubblichiamo il corsivo scritto oggi sul quotidiano il Giornale da Marcello Zacchè, responsabile della redazione economia e finanza del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti

La riservatezza delle fonti per chi fa informazione è sacra. Le fonti sono tutto. Specie quelle che ci raccontano ciò che non è facile sapere, ma che noi riteniamo importante che si sappia. Esse, parlando, prendono rischi. Noi ci impegniamo a proteggerle. Ed è la legge stessa a permettere ai giornalisti di non rivelare l’identità delle proprie fonti, anche davanti a un giudice, per difendere un bene superiore: la libertà d’espressione. Tutelato anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Per questo ciò che è accaduto a due giornalisti economici di Repubblica, Giovanni Pons e Vittoria Puledda, ci sta a cuore: il giorno dopo l’uscita di un loro articolo sul bilancio di Unipol (in vista della fusione con Fonsai), la Consob ha chiesto e ottenuto i loro tabulati telefonici, autorizzata dalla Procura di Milano. La procedura è corretta, prevista dalla direttiva “market abuse” quando la Commissione sospetta la manipolazione informativa (aggiotaggio) o l’abuso di informazioni privilegiate (insider trading).

Quello che però, anche da “addetti ai lavori”, ci lascia perplessi è il fumus. Nell’articolo si legge, l’11 dicembre scorso, che “Consob si starebbe apprestando a contestare” a Unipol un “errore di contabilizzazione nel bilancio 2011 compreso tra 200 e 300 milioni”. Ebbene, nella sostanza ciò risulta fondato: Consob 10 giorni dopo invia a Unipol l’esito di un’istruttoria che accerta la “non conformità del bilancio 2011” sulla valutazione di alcuni prodotti strutturati. Poi, il 24 aprile 2013, Unipol comunica al mercato che, in seguito alle richieste Consob, l’adeguamento delle stime sulla valutazione di 48 titoli strutturati “ha comportato nel 2012 una riduzione di fair value di circa 240 milioni”.

Quindi i due giornalisti di Repubblica non avevano fatto altro che scrivere una notizia. Ma non per la Commissione guidata da Giuseppe Vegas, che utilizza i poteri della “market abuse” perché:

1)l’11 dicembre non aveva ancora agito;

2) nella sua istruttoria non ha indicato i valori per le rettifiche di bilancio (i 240 milioni).

Ineccepibile, dunque, anche per il pm. Ma il sapore che resta in chi fa o cerca di fare informazione, finanziaria o meno, su Repubblica o altrove, è molto amaro.

 

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