Una picture macro globale sempre più confusa rende arduo per le banche centrali tarare le politiche monetarie e alimenta una continua altalena di emozioni sui mercati.
Ieri, Wall street ha prodotto la peggior seduta da fine agosto, con i principali indici che hanno chiuso sui minimi di seduta, mostrando perdite ben oltre il punto percentuale. A completare il quadro, i volumi registrati hanno superato del 30% le medie degli ultimi 3 mesi.
LE MOTIVAZIONI DELLO STORNO
Come motivazione dello storno, molti hanno indicato la forza ostentata dal GDP del terzo trimestre, potenziale motivo per anticipare il tapering. Peccato che i rendimenti dei treasuries siano calati di 4/5 bps, il che non collima granché con un rallentamento di acquisti da parte della Fed. Il recupero del $ è presumibilmente più da ascrivere al taglio dei tassi operato da Draghi, anche se il buon dato vi avrà avuto una parte.
Resto dell’idea che lo storno di ieri abbia avuto motivazioni più tecniche che fondamentali.
La seduta asiatica ha ovviamente risentito del pessimo sentiment ereditato dagli Usa. La negatività è stata parzialmente mitigata da un buon trade balance cinese per ottobre (31 bln $ da precedenti 15 e vs 24 attesi) ottenuto grazie a forti esportazioni (+5.6% anno su anno vs +1.7% atteso).
L’apertura della seduta europea è stata salutata dal downgrade della Francia ad opera di S&P, che però è stato largamente snobbato dai mercati, la cui attenzione era assolutamente volta ai dati Us del pomeriggio. Stesso discorso per i deludenti dati di produzione industriale francese per settembre, e per il forte trade balance tedesco. Cosi gli asset sono andati incontro ai payrolls Us poco distanti dai livelli di chiusura di ieri.
IL COLPO DI SCENA
Alle 14.30 nuovo colpo di scena. Il labour market report di ottobre ha clamorosamente battuto le stime della vigilia, che vedevano una creazione di posti di lavoro tiepida:
** 204.000 nuovi occupati a ottobre, da precedenti 163.000 e vs attese per 120.000. Le revisioni ai dati di agosto e settembre generano 60.000 occupati in più per una media trimestrale che si porta su un robusto 202.000. La forza è equamente distribuita nelle varie componenti, col settore privato a +212.000, il manifatturiero a +19.000, il retail a +44.000, il construction a +11.000. Scarse le tracce dello shutdown in questa parte del report.
** Diversa la storia sulla Household survey, che vede la disoccupazione invariata al 7.3% a fronte di un calo degli occupati di 735.000 unità, controbilanciati da un calo di 720.000 unità della forza lavoro. Il risultato è un forte calo del partecipation rate di 0.4% ad un nuovo minimo storico. Ma qui, si, lo shutdown ha impattato, in quanto i lavoratori temporaneamente “congedati” per il blocco dell’attività governativa non sono stati considerati nel conto degli occupati ma nemmeno in quello dei disoccupati. Una distorsione che dovrebbe eliminarsi al prossimo report.
ANALISI DEL REPORT
In generale, è dura trovare falle in questo report. L’assenza di un impatto delle vicende politiche non fa che rafforzarne la validità. Così diversi analisti si sono precipitati a dichiarare che dati del genere costituiscono un via libera alla Fed per fare tapering al prossimo Fomc (18 dicembre), e i mercati hanno agito di conseguenza, scaricando i bond comprati appena il giorno prima, vendendo l’Equity e comprando dollari.
Successivamente, un paio di eventi hanno parzialmente modificato il sentiment.
1) il preclaro Fed Watcher Hilsenrath è uscito con un pezzo sul WSJ sostenendo che, si, il dato è buono, ma la Fed deve usare cautela perché potrebbe contenere delle distorsioni. Inoltre per agire a dicembre è necessario che i dati continuino a indicare miglioramenti. In altre parole il tapering a dicembre è possibile ma tutt’altro che garantito.
2) La University of Michigan consumer confidence di ottobre ha deluso le attese che la vedevano rimbalzare moderatamente dopo il robusto calo di ottobre, facendo segnare il minimo da dicembre 2011, a dimostrazione che un’altra componente dell’economia Us, i consumatori, porta cicatrici più profonde dello stallo politico occorso nella prima metà di ottobre.
Così, se i bond sono rimasti ostaggio della forza dei dati macro, e il $ continua ad avvantaggiarsi dei venti di easing provenienti da Francoforte, l’Equity al momento si è scosso di dosso il timore che la Fed chiuda i rubinetti in tempi brevi e mette a segno un discreto rimbalzo, sebbene non ancora sufficiente a compensare lo storno di ieri.
La buona notizia è che una chiusura su questi livelli lascia prive di conferma le figure di inversione citate nel Lampi di ieri. Il caveat è che la giornata di ieri in ogni caso costituisce un ammonimento che il movimento di rialzo è maturo, e, nel breve, permangono i rischi di una correzione più profonda.
IL TAPERING FED
Tornando all’argomento sulla bocca di tutti, ovvero il collocamento nel tempo del tapering Fed, personalmente la penso come Hilsenrath:
** Se c’è una cosa che le recenti vicende di politica economica hanno dimostrato, a settembre in Us e ieri in Eu, è che le banche Centrali di recente ci vanno coi piedi di piombo. Non dimentichiamoci che il prossimo Fomc precede di poco le deadline per l’accordo sul budget che dovrebbe aprire la strada alla proroga dell’attività governativa oltre il 15 gennaio, e il rinvio del debt ceiling, attualmente in scadenza il 7 febbraio. Ci vorrà davvero un bel contesto macro per convincere i membri Fed ad agire tra poco più di un mese.
** Numerosi membri Fed hanno messo in guardia dal ritenere che la Banca Centrale prenda decisioni sulla scorta di un “single data point”. Bisogna guardare al contesto generale e per il momento questo presenta ancora una divergenza tra quanto indicato dalle survey e quanto presente nei cosiddetti hard data (un fenomeno presente anche in Europa).
** Infine, i payrolls sono un dato pieno di distorsioni e soggetto a forti revisioni. Per avere un esempio di ciò basta pensare al dato headline di agosto, passato dagli iniziali 169.000 occupati, a 193.000 e rivisto oggi a 238.000. Luglio per contro è passato dagli iniziali 161.000 a 89.000. La media a 3 mesi, ferma a un magro 143.000 il mese scorso, è balzata a 202.000 per effetto del dato odierno.
Tenendo conto delle possibili distorsioni derivanti dallo shutdown, chi può dire cosa ci riserverà il labour market di novembre, in uscita il 6 dicembre?
In soldoni, un tapering il 18 dicembre non è da escludere, ma il recente atteggiamento della Fed lascia intendere che in ogni caso saranno molto prudenti. Comunque continuare a spostare avanti e indietro la data in funzione del singolo dato è un esercizio inutile.
In ogni caso, l’errore di comunicazione operato da Bernanke in estate renderà arduo per la Fed comunicare al mercato le modalità con cui intende ritirare lo stimolo straordinario, generando volatilità supplementare nei prossimi mesi.
Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr.