Tanti, ancora una volta, sono gli editorialisti che intonano il de profundis di Berlusconi sulle colonne dei quotidiani italiani.
Ma questi, per quanto possano avere ragione nel lungo periodo (come del resto l’avevano nel 1994, 1996, 2006 e 2011), sbagliano nel considerare il Cav fuori dai giochi; questa dimostrazione di “vitalità” è avvenuta, paradossalmente, nel giorno della sua decadenza quando, con un preavviso di 72 ore, ha riunito la parte del suo popolo con la quale è in sintonia sin dalla sua discesa in campo e che, tolto anche Alfano e i suoi nuovi colonnelli, rappresenta una buona fascia di elettorato italiano.
Stessa dimostrazione di forza l’ha data Grillo ieri dove, nella sua Genova, ha radunato non solo i suoi parlamentari ma, soprattutto, il suo variegato popolo che ha risposto “presente!” all’ormai poco inedita manifestazione che ha per nome la parolaccia preferita dal comico.
Si attendono invece per la prossima settimana le lunghe file dei militanti e simpatizzanti del PD che sceglieranno il nuovo segretario del partito democratico. Il risultato quasi scontato e il freddo non genereranno l’affluenza delle precedenti competizioni ma, anche in questo caso, sembra scontato che il “popolo democratico” parteciperà in massa per l’elezione del nuovo segretario politico nazionale.
L’incertezza (che diventa ancora più plumbea con l’avvicinarsi delle europee) riguarda invece quelle forze “in fase di composizione” che rischiano di essere buttate fuori dallo scacchiere politico a seconda del piccolo capriccio delle tre forze prima descritte (ed in particolare dello scalpitante sindaco di Firenze).
I gruppi parlamentari di Nuovo Centrodestra e Scelta Civica hanno una elemento in comune: al loro interno vi sono degli eletti che hanno beneficiato della presenza di due leader che calamitavano l’elettorato (il 30% di Berlusconi e il 10% dell’ex premier Monti) e che hanno garantito i seggi parlamentari. Ma ora che le due calamite elettorali non ci sono più (la prima ha ora un altro partito, la seconda è ormai fuori da tutti i giochi) come queste forze potranno continuare ad essere protagonisti dell’agone politico?
Scelta Civica (la parte liberale) ha già deciso che andrà per conto suo, organizzando una costituente liberale (primo appuntamento domani 3 dicembre, alle ore 10:30 nella sede di Via Poli) cercando di comporre una compagine liberal/tecnocratica magari raggruppando gli amici, con i quali non si sono mai rotti i rapporti, di Fare. Il rischio è, però, quello di “fare” la fine del partito che ospitava prima la stessa sede di via Poli (ossia FLI), imbarcando tanta “classe dirigente”, tanti onorevoli e pochi voti.
L’UDC, con i popolari di SC, guarda invece al sogno lungamente desiderato di realizzare un partito che si ispiri al PPE, che si ponga come forza di interposizione tra le “bande armate” della politica italiana e che garantisca ulteriore stabilità al progetto governativo. Ma il dubbio è sempre lo stesso: con quali voti? Monti ha infatti garantito l’elezione di molti civici che, però, spesso difettano anche del voto in famiglia. Questi ultimi di “popolare” hanno solo il riferimento politico-ideale e non certo il seguito in termini elettorali che l’aggettivo potrebbe far intendere. Servirebbero, a questa area politica, nuovi protagonisti rispetto ai Dellai e De Mita che scalpitano per essere attori principali dell’ennesimo partito centrista. Solo in questo caso di rinnovamento la ghigliottina del 4% potrebbe essere superata.
Il Nuovo Centrodestra parte, rispetto alle forze precedenti, con il favore dei pronostici: i sondaggi danno NCD tra il 6% e l’8% e il suo leader Alfano riesce a non essere “pensionato” (mediaticamente parlando) dai nuovi leader Renzi, Salvini e Meloni. Ma il rischio è dietro l’angolo. Basti pensare a quanto era accreditato Fini dopo la rottura con Berlusconi (lo si quotava anche tra l’8% e il 9%). Anche questo nuovo partito deve dimostrare a quale popolo risponde e deve, soprattutto, fronteggiare le bordate che riceverà dai “cugini” della Nuova Forza Italia che saranno impegnati a cannoneggiare tutto ciò che si muoverà nel campo del governo Letta. Ma il vice-premier sembra aver preso delle misure “per non fare la fine di Gianfranco” valorizzando tutti gli ex Pdl che arrivano portando in dote numeri e amministratori e decretando un turn-over per gli “esperti” come Cicchitto e Giovanardi per dare spazio ai tanti giovani che sono entrati nella nuova formazione moderata.
Resta una domanda in sospeso: come può un’area politica, quella moderata, che in altri paesi concorre agilmente per vincere le elezioni, lottare in Italia per sopravvivere alle europee?