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Babbo Natale in camicia

Ho visto un Babbo Natale vestito di solo un paio di calzoni e di una camicia rossa. In testa aveva il cappello però. – Perché fa caldo ma c’è l’umidità, e io la sento nelle ossa -. Così disse questo signore grande e grosso. Corpulento e malandato pure.
Paese che vai, clima che trovi, e pure il Babbo Natale, mischino lui, si deve adeguare. L’icona però nella tradizione è importante. E per crederci alla tradizione bisogna che venga rispettata. Il fatto è che con 15 gradi, più che quattro cani di mannera a tirare la slitta non puoi trovare. La neve è sabbia, o cumuli di monnezza.
Questo Babbo Natale stava davanti alla farmacia. Perché il Babbo Natale, in certi posti, è a mala pena un trasportatore. Un facchino è. Ci fosse uno che un dono lo facesse a lui, verrebbe da dire.
E quindi lui si mette davanti ai negozi e aspetta. Aspetta di essere aiutato a riempire la sacca. E qualche medicinale, specie di questi tempi, è dono assai gradito. Lo confermano quelli in fila dentro la farmacia, dove entro e guardo. Un caleidoscopio di facce e storie che i protagonisti raccontano nel fisico esposto come cartellone di un muto cuntista.
Avanti avanti un vecchio ha una voce bassissima, di timbro e volume, al punto che la farmacista, una signora di polso abituata al clima da ospedale da campo, gli urlava di ripetere e intanto avvicinava l’orecchio a ogni ripetizione fin quasi ad arrivare dentro alle fauci dell’anziano di là dal bancone.
Subito dietro, un bambino con un pezzo di carta in mano. Lungo e magro come un chiodo con la tuta dell’anno prima che lasciava le caviglie di fuori. Dietro ancora una signora che si prendeva, di larghezza, tre posti. Dal pastrano di dieci metri quadrati in cui era impanata uscivano due polpacci rossissimi. Non si capiva se era tintura. Le caviglie, poi, erano così gonfie che non si capiva dove finivano le caviglie e iniziavano i piedi. Non doveva aver trovato corrispondenza in nessun negozio di calzature. E infatti il tratto periferico e orizzontale del suo corpo se ne stava accomodato dentro un paio di ciabatte. Da lontano a una prima occhiata però il tutto, caviglie e piedi, pareva un paio di broccoli. Quando fu il suo turno tutta la voce che era mancata al signore anziano venne con gli interessi e la farmacista che si era avvicinata troppo al bancone per meglio sentire il primo rimase per un attimo amminchialuta come si fosse trovata con la testa dentro una campana durante l’annunciare della novena. – Come andiamo signora ? – Le disse ritrovando il posto dove mettere l’utricolo. E lei la donnona dai broccoli per piedi rispose: – Il medico dice che sto bene. Io però sto male -.

Fu il mio turno. Prendo in numero doppio: un’aspirina e un analgesico. Sulla porta scorrevole, mentre esco prendo e le metto nella sacca del Babbo Natale che mi stringe la mano mentre sul volto una ruga mi sorride più profonda del sorriso.

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